Il lavoro spirituale sulla "natura umana" e il messaggio originario del cristianesimo

"Ti posi nel mezzo del mondo, perché di là tu meglio scorgessi tutto ciò che è nel mondo... perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che tu avessi prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori, che sono i bruti; tu potrai rigenerarti, secondo il tuo volere, nelle cose superiori che sono divine...Nell'uomo nascente il Padre ripose semi d'ogni specie e germi d'ogni vita. E secondo che ciascuno li avrà coltivati, quelli cresceranno e daranno in lui i loro frutti" (Pico della Mirandola, Oratio de hominis dignitate).

 

 

L’Insegnamento di Aïvanhov propone un messaggio universale che è in stretta relazione con il messaggio originario dei Vangeli.

Il cristianesimo che ha apportato la pienezza, afferma Aïvanhov, ha introdotto la consapevolezza del lato superiore dell’essere umano e anche il rifiuto e la disapprovazione delle cose inferiori.

Ma bisognava arrivare, osserva Aïvanhov, a regolarizzare la natura inferiore al fine di evitare disequilibri.

Purtroppo, molte cose sono state, successivamente, aggiunte dagli uomini all’Insegnamento di Gesù e sono proprio queste aggiunte che hanno portato come risultato al disequilibrio interiore (125).

Mortificando la natura umana si è deformato il messaggio cristiano, giacché bisognava non sopprimere o reprimere, ma armonizzare la natura inferiore dell’uomo.

Il lato inferiore deve essere unito a quello superiore (126), altrimenti, si generano nell’uomo ogni sorta di inautenticità e di disequilibri, come è accaduto nell’ambito delle istituzioni religiose, in modo visibile a tutti, allontanando molti dal messaggio spirituale.

La natura umana e il corpo fisico (la nostra “Terra”) non vanno rinnegati o rimossi. Essi non sono un errore del Creato, ma vanno resi obbedienti alla Natura divina, altrimenti lo Spirito non potrà manifestarsi sulla Terra.

Una novità dell’Insegnamento di Aïvanhov, già segnalata, è proprio quella di offrire metodi argomentati per svolgere questo lavoro spirituale sulla natura umana la quale, se posta al servizio della Natura divina, diventa fonte di esperienze costruttive e armoniose.

Nell’Insegnamento, si cerca, dunque, di unire le due nature al fine di arrivare alla pienezza (127).

La Natura superiore dell’uomo non può manifestarsi sul piano fisico fino a quando quella inferiore non si è calmata, armonizzata, fino a quando le nostre cellule non rispondono a noi, fino a quando le nostre passioni e agitazioni perdurano. Anche per queste ragioni si ha difficoltà a meditare e a concentrarsi (128).

È fondamentale «conoscere le tendenze delle due nature che sono nell’uomo e arrivare ad armonizzarle durante il soggiorno sulla Terra, senza uccidere l’una o l’altra […]. Prima di dominare le passioni, la sensualità, l’orgoglio, la collera, la gelosia della natura inferiore, anche i Santi hanno dovuto vivere sofferenze!» (129).

Paradossalmente, in contrasto con il messaggio originario dei Vangeli, questo lavoro sulla “nostra materia” è stato rappresentato come impossibile e utopistico, stante l’asserita debolezza della nostra natura umana. Si è legittimata una retorica e una ritualità della spiritualità nella piena accettazione delle proprie e irreversibili debolezze umane e i risultati sono visibili a tutti.

Gli uomini sono stati così «suggestionati ad accettare il loro stato giacché si è sempre detto loro: “Voi siete peccatori e lo resterete”. È stata annientata nell’uomo la fede nella sua divinità e ora l’uomo non sa più di possedere nelle sue profondità una particella divina che deve sviluppare» (130).

L’insegnamento, spiega Aïvanhov, al contrario non promuove la debolezza dell’uomo, ma l’idea che l’uomo possiede una componente spirituale ed è figlio di Dio e che deve prenderne coscienza, al fine di lavorare al perfezionamento di se stesso e del mondo nel quale vive, essendo in possesso interiormente di tutte le risorse necessarie.

L’insegnamento valorizza la presa di coscienza delle nostre facoltà interiori per riscattare la nostra esistenza nella nostra esperienza di vita. Occorre ricercare «la plenitude voluta da Dio. Dio è buono. Non è crudele come Lo si rappresenta. Egli vuole che siamo felici sia nella natura inferiore come in quella superiore. Le due nature devono riunirsi […]. La plenitude vuole dire che il corpo fisico, così come il cuore, l’intelletto, l’anima e lo spirito, ha i suoi elementi necessari. Bisogna evitare che lo spirito e l’anima soffrano perché il corpo ha preso tutto, ma dare tutto all’anima e allo spirito non è preferibile» (131). La plenitude «è avere tutti gli elementi: saper nutrirsi, saper sentire, guardare, pensare… e allora, arriveranno salute, bellezza e perfezione […] con semplicità» (132).

D’altronde è anche questo il significato di «Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio» (133). «La spiritualità non consiste nel disprezzare la materia, bensì nello scendere in essa, nel lavorare su di essa per vivificarla e organizzarla. E per “materia”si intende anche il corpo fisico. Se lo si trascura… a poco a poco anche le sue funzioni si indeboliranno. Non si deve lasciare il corpo fisico nello stato di una casa abbandonata […]. Scendere nella materia con questa intenzione non è mai una caduta […]. “Scendere” nella materia è una cosa, altra cosa è “lasciarsi cadere”. Noi dobbiamo scendere nella materia per animarla, illuminarla, e per fare del nostro corpo la dimora del Dio vivente» (134).

Dobbiamo considerare che noi ci manifestiamo sulla Terra tramite il nostro organismo psico-fisico, costituito anche dalla vita delle nostre cellule. E tutto ciò esercita una influenza di primaria importanza sulla nostra esistenza.

Precisa Aïvanhov che quando un giorno, ancora lontano, la nostra “materia” diventerà sottile e luminosa, lo spirito potrà, tramite essa, riconoscere se stesso e sarà una nuova vita e un nuovo mondo. Ma fino ad allora il nostro spirito incontrerà le limitazioni note a tutti noi: continueremo ad identificarci erroneamente con il corpo fisico esteriore e i suoi bisogni, non sentiremo di essere un Essere cosmico e ci sentiremo separati dal Creatore e dall’Universo (135).

Ma con il lavoro spirituale, possiamo iniziare ad uscire gradualmente dalla coscienza limitata al piccolo Sé umano, per percepire l’Unità della vita e adottare nuove attitudini.

 

Con il lavoro spirituale, aggiunge Aïvanhov, possiamo superare le nostre rappresentazioni illusorie che ci vedono come singoli esseri, soli, indipendenti e separati: «la nostra Scuola ha la finalità di permettere questo lavoro sulla materia ed è la sola che insegna come vivere, pensare, sentire, agire, e per quale ragione» (136).

 

A ben vedere, gli esercizi spirituali, per quanto possano essere molto diversi, «hanno come solo e unico scopo la fusione della creatura umana con la Divinità. Gli Iniziati dell’India hanno riassunto questo sublime stato di coscienza con la formula: “Io sono Lui”. Ciò significa che solo Lui esiste, io non sono che un riflesso, una ripetizione, un’ombra. Esisto solo in quanto sono capace di fondermi in Lui. In realtà noi non esistiamo come creature separate dal Signore, ma facciamo parte di Lui. Per tale ragione, la Scienza Iniziatica insegna all’uomo i metodi da utilizzare per distaccarsi dalle rappresentazioni illusorie che ha di se stesso. Dicendo “Io sono Lui”, comprendiamo che non esistiamo al di fuori del Signore, e ci leghiamo a Lui, ci avviciniamo a Lui, fino al giorno in cui diventeremo come Lui» (137).

Aïvanhov spiega ancora che «il nostro essere interiore è sempre legato a Dio, sempre immerso nella sua Luce […] non possiamo uscire da Lui […]. È nella nostra coscienza invece che possiamo essere separati o uniti» (138). Infatti, una parte di noi, la nostra testa, cioè il nostro Sé superiore, vive già nella Luce e nella gioia, mentre un’altra parte di noi, cioè simbolicamente la nostra coda, vive nella materia (139).

Al momento, abbiamo la coscienza soltanto della nostra coda, cioè del nostro corpo fisico e ne subiamo i limiti, pur vivendo, inconsapevolmente già nella Luce. Ma quando il nostro Sé superiore si manifesterà tramite il nostro cervello allora ci riconosceremo con pienezza e manifesteremo sulla Terra la saggezza, l’amore e la potenza del nostro Sé superiore e avvertiremo di essere figli di Dio. Dunque, il segreto è non identificarsi con il corpo fisico ma «lavorare nella materia per conoscere effettivamente chi siamo» (140).

Gesù «conosceva questi misteri […] era chiaramente consapevole Lui, di essere Figlio di Dio (141), mentre noi nella nostra coscienza ancora non lo sappiamo (142) […] La prova che Egli sapesse queste cose la troviamo nelle Sue parole: “Io e mio Padre siamo uno” e “Voi siete dèi”. Ecco la religione cristiana nella sua profondità […]. Se la testa (Sé superiore) si lega alla coda (corpo fisico), si forma un cerchio. Il cerchio lega l’inizio alla fine. Infatti, Cristo diceva anche: “Io sono l’Alfa e l’Omega”, voleva a dire: “Sono costantemente la Supercoscienza fino nelle mie cellule più piccole. Grazie a questo posso esprimermi attraverso la materia” […]. Noi al momento abbiamo vivificato solo qualche cellula nel cervello […]. Verrà un giorno in cui tutte le nostre cellule saranno illuminate» (143).

"Lo Spirito e la Materia - come armonizzarli in noi stessi", con sottotitoli in italiano (dvd)

 

Nell’attesa di questo evento, occorre ricordare a se stessi il precetto fondamentale secondo il quale, quanto più avanziamo spiritualmente, tanto più dobbiamo essere umili sul piano fisico, quanto più siamo forti interiormente tanto più dobbiamo mostrarci indulgenti e pazienti (144).

Gesù, evidenzia Aïvanhov, è riuscito a conciliare mirabilmente i due poli: «ha riunito in se stesso l’immensità dell’uomo, l’infinitamente grande all’infinitamente piccolo […]. Diceva di essere figlio di Dio, ma nel contempo sul piano fisico non si mostrava come un potente che doveva essere servito, ma come un umile servitore di tutti. Dietro questa attitudine non si è compreso che Gesù riconciliava l’Onnipotenza di Dio con il piano fisico. Gli stessi spiritualisti non hanno osservato che Gesù ha mostrato che bisogna essere interiormente grandi come Dio ma nel piano fisico infinitamente piccoli, dolci e umili» (145).Ed è questo il modello di umanità auspicato e promosso dalla Scuola Spirituale di O. M. Aïvanhov.

Il lavoro sulla propria materia adesso che soggiorniamo sulla Terra ha un’altra implicazione importante, a livello individuale: è qui sulla Terra che si lavora per la propria liberazione in vista della vita che ci attende quando lasceremo il corpo fisico. Le virtù si acquisiscono in questa vita, qui sulla Terra, e non successivamente. Dopo è troppo tardi. Qui, occorre acquisire le virtù, quali la pazienza, la dolcezza, la bontà (146).

Altrimenti si coltiva una grave illusione. Il Mondo fisico, affermava Deunov, è una porta del Mondo divino: se in questo mondo tu non puoi entrare nel cammino che porta a Dio, nell’altro mondo tu non potrai farlo (147). Altrimenti detto, chi partirà per l’altro mondo senza diploma, affermava sempre Deunov, resterà, simbolicamente parlando, affamato e senza pane: cioè chi non si è esercitato nelle virtù non potrà essere utilmente impiegato (148).

In questa prospettiva, si comprende l’importanza del pentimento e del ritorno verso Dio, anche nell’ultimo istante di Vita. Tutto ciò che si fa nella vita terrestre è di una grande importanza per la nostra vita successiva. Tutti i semi positivi che abbiamo qui piantato, ancorché non abbiano ancora fruttificato, sono di grande giovamento quando li vedremo dall’altra parte (149).

 

Estratto da Bruno E. G. Fuoco, La Via Luminosa nella Vita Quotidiana secondo l’Opera di Omraam Mikhaël Aïvanhov, Stella Mattutina Edizioni, Collana Universitaria Athena, 2017.

 

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NOTE

125 O. M. Aïvanhov, Conférence 3 mai 1947, Éditions Prosveta.

126 Ibidem; O. M. Aïvanhov, cap. IV (L’economo infedele) in L’alchimia Spirituale, Prosveta Edizioni.

127 O. M. Aïvanhov, Conférence 3 mai 1947, Éditions Prosveta

128 O. M. Aïvanhov , Conférence 3 avril 1958, Éditions Prosveta.

129 O. M. Aïvanhov, Conférence 19 novembre 1950, Éditions Prosveta.

130 O. M. Aïvanhov, Conférence 12 julliet 1970, Éditions Prosveta. 131 O. M. Aïvanhov, Conférence 3 mai 1947, Éditions Prosveta.

132 Ibidem.

133 O. M. Aïvanhov, cap. XIV, (Date a Cesare ciò che è di Cesare) in La Chiave essenziale per risolvere i problemi dell’esistenza, Prosveta Edizioni.

134 O. M. Aïvanhov , Pensieri Quotidiani, 26 settembre 2016, Prosveta Edizioni.

135 O. M. Aïvanhov, Conférence 27 mars 1942, Éditions Prosveta. «L’essere umano, come lo conosciamo oggi, è il punto d’arrivo di una lunga evoluzione. Sono stati necessari milioni di anni perché il suo spirito giungesse a prendere possesso del suo corpo fisico, che discendesse nelle sue cellule per animarle e fare di lui un essere capace di pensare, di sentire e di agire. Imparando a manifestarsi sempre più sul piano fisico, l’uomo ha perso però il contatto con il Cielo, fino al punto che ora nega l’esistenza di quel mondo di cui nemmeno si ricorda più. Faceva certamente parte dei piani dell’Intelligenza cosmica che l’uomo imparasse ad agire nella materia, ma questo è avvenuto a spese della sua potenza spirituale. Perciò ora deve ritrovare il contatto con le realtà del mondo invisibile […]. Da un lato, la tecnica e il progresso materiale assumono un’importanza sempre maggiore, dall’altro comincia a destarsi l’interesse per la Scienza iniziatica, perché le persone hanno bisogno di ritrovare il legame con il Mondo divino» (O. M. Aïvanhov, Pensieri Quotidiani, 12 settembre 2001, Prosveta Edizioni).

136 O. M. Aïvanhov, Conférence 2 août 1965, Éditions Prosveta

137 O. M. Aïvanhov, Pensieri Quotidiani, 18 gennaio 2005, Prosveta Edizioni; Idem, cap. III (Siate Perfetti come è perfetto il Vostro Padre celeste) in Le parabole di Gesù interpretate secondo la scienza iniziatica, cit.

138 O. M. Aïvanhov, Conférence 27 mars 1942, Éditions Prosveta.

139 Ibidem.

140 Ibidem.

141 Ibidem.

142 Ibidem.

143 Ibidem. «Dio è in noi e fuori di noi, e lo stesso vale per il nostro Sé superiore, che vive nelle regioni sublimi e vive anche in noi. Ma come possiamo percepire la presenza di quell’entità divina…? È difficile, certo, ma dobbiamo cominciare cercando in noi stessi tutte le tracce di questa presenza, sapendo che è essa il nostro vero Sé. È stato detto: «Conosci te stesso». Per conoscersi veramente, è necessario conoscersi in Alto, nel Mondo divino. Finché l’essere umano non avrà coscienza di esistere in Alto come una particella della Divinità, non si conoscerà. “Conoscersi” significa trovare se stessi e al contempo trovare Dio. Trovando Dio, si trovano l’amore, la luce, la libertà e la gioia, e li si trova non solo in se stessi, ma in tutti gli esseri umani, e anche negli animali, nelle piante e nelle pietre! Quando si è trovato Dio dentro di sé, Lo si scopre ovunque, e questo significa veramente conoscersi» (O. M. Aïvanhov, Pensieri Quotidiani,12 marzo 2017, Prosveta Edizioni).

144 O. M. Aïvanhov, Conférence 4 mai 1957, Éditions Prosveta.

145 Ibidem

146 O. M. Aïvanhov, Conférence 26 mai 1941, Éditions Prosveta.

147 Citato in O. M. Aïvanhov, Conférence 23 julliet 1950, Éditions Prosveta.

148 Citato in O. M. Aïvanhov, Conférence 6 octobre 1951, Éditions Prosveta.

149 O. M. Aïvanhov, Conférence 9 avril 1952, Éditions Prosveta.

 

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