L'accezione mediatica di fraternità non corrisponde all'Idea di Fraternità
... anche oggi si cerca di convincere l’opinione pubblica, al fine di tenerla dormiente, che la fraternità è una utopia, oppure, è sinonimo di generosità economica o di semplice accoglienza...
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In un precedente articolo,"L'educazione al Sentire di essere parte di un "Insieme", di un "Tutto" genera attitudini di cura della nostra vita individuale e sociale" abbiamo sviluppato alcune riflessioni sull'importanza di identificarsi con gli interessi dell'Intero organismo e non con quelli di una sola parte.
Abbiamo osservato che per evolvere verso l'Homo frater siamo chiamati a:
1) ampliare la coscienza, dalla separatività all' Unità;
2) identificarci con la nostra natura Divina;
3) identificare i nostri interessi con gli interessi Universali, di "Tutto"
l'Organismo, come percepito dalla nostra natura divina.
Ma quale Idea può aiutarci a identificare il nostro Sé, non più con gli interessi esclusivi di una sola “Parte” (la mia famiglia, il mio gruppo sociale, il mio popolo, il mio continente, la mia dottrina religiosa o la mia ideologia politica, etc.) ma con il “Tutto” cioè con gli interessi della Vita collettiva di tutta la comunità vivente?
A nostro avviso, questa Idea dotata di proprietà alchemiche, ancora inattuata, si chiama “Fraternità” intesa come filosofia di Vita e non come sentimento filantropico.
L’idea di fraternità è in grado di supportare le soluzioni sistemiche delle quali abbiamo parlato nel richiamato articolo in quanto essa postula l’idea che tutti noi apparteniamo ad una unica famiglia vivente nell’ambito della quale ciascuno conserva, beninteso, come gli organi di uno stesso organismo, le proprie peculiarità e funzioni (lingua, religione...).
L'attuale collettività, si è affermato, non è ancora una collettività fraterna in quanto essa è soprattutto «unione di persone che possono anche non avere alcun legame fra loro. Un paese, ad esempio, o una città è sicuramente una collettività, ma le persone che vivono al suo interno forse si conoscono, si vogliono bene, lavorano coscientemente gli uni per gli altri con amore?
No, la maggior parte di essi vive senza conoscere la realtà dei legami che dovrebbero unirli agli altri, perciò non costituiscono ancora una fratellanza. Una fratellanza è una collettività che possiede una coscienza estesa, i cui membri sono uniti fra di loro e lavorano non solo gli uni per gli altri, ma anche per il mondo intero. Una vera fratellanza è una collettività che possiede una coscienza universale».(O. M. Aïvanhov, Pensieri Quotidiani, 29 aprile 2001; Idem, La filosofia dell’universalità,1996, Prosveta Edizioni).
Concretamente, questa affermazione vuole porre in evidenza che nella collettività fraterna, sul piano psichico o interiore, percepiamo gli altri non come antagonisti, ma come una sorta di prolungamento di noi stessi.
In ragione di ciò, proviamo anche su di noi ciò che accade agli altri e ci sforziamo di fare solo del bene, poiché sentiamo e sappiamo che quel bene lo facciamo anche a noi stessi (O. M. Aïvanhov, Pensieri Quotidiani, 10 febbraio 2014, Prosveta Edizioni).
Questa idea di fraternità ha proprietà alchemiche in quanto è in grado di agire da subito sulle nostre energie più conflittuali.
Ecco alcuni esempi concreti: se si ha questa idea cioè se percepiamo gli altri non come antagonisti, ma come una sorta di prolungamento di noi stessi, non vogliamo occupare i posti degli altri nel lavoro e nella società e diventiamo più onesti; non vogliamo manipolare gli altri per averne gli affetti o beni e diventiamo più buoni; riduciamo le tendenze aggressive e diventiamo più pacifici e tolleranti; riduciamo le gelosie e diventiamo più affettuosi; riduciamo la possessività e diventiamo più tranquilli e leggeri, etc.
Se i pedagogisti e gli psicologi avviassero laboratori di fraternità (come sopra intesa, è fondamentale sottolinearlo), toccherebbero con mano le proprietà trasformatrici intrinseche all'idea di fraternità.
La coscienza di fraternità non è dunque qualcosa di astratto o di puramente filosofico in quanto concerne la qualità delle energie che circolano in noi e che impieghiamo in ogni istante nel nostro modo di essere e di vivere.
La coscienza di fraternità è più concreta della filantropia che si limita, invece, ad intervenire soltanto su aspetti materiali, senza seminare i germi di una nuova vita sulla terra.
I benefici psichici discendenti dall'Idea di fraternità sono innumerevoli ma sono poco valorizzati nella cultura ufficiale poichè la fraternità è intesa, come già rilevato, secondo le riduttive interpretazioni materialistiche-emotive, diffuse dagli ambienti religiosi.
Una parte significativa della popolazione sulla Terra, secondo Tolle, «riconoscerà, se ancora non l’ha fatto, che l’umanità ora si confronta con una difficile scelta: evolvere o morire [...] la disfunzione dell’egoica mente umana, riconosciuta più di 2.500 anni fa dagli antichi maestri di saggezza e ora sempre messa in evidenza dalla scienza, sta minacciando per la prima volta la sopravvivenza del pianeta» (E. Tolle, Un mondo Nuovo, Mondadori, 2014, p.216).
Evolvere, giustappunto, non può che significare Fraternità e Unità.
La fraternità, infatti, appare oggi a molti non come una delle opzioni esperibili, ma come l’unica strada possibile anche per coloro che non hanno convincimenti spirituali.
Ciò si spiega con il fatto che solo laddove vi è fraternità non cresce il germe della separatività cioè della coscienza antagonista.
La filosofia della separatività è stata portata ormai alle estreme conseguenze in tutti campi della vita, minando le basi della nostra stessa sopravvivenza.
Ma la fraternità conosciuta oggi, a livello mediatico, è ben diversa dall’Idea di Fraternità originaria.
Aïvanhov ha precisato: ... anche se sono atei, i nostri contemporanei devono ammettere che la nozione di fraternità è stata portata loro dal cristianesimo. Certamente, anche prima di Gesù alcuni Saggi avevano potuto insegnare il rispetto e l'amore del prossimo [...] anche Buddha insegnava la benevolenza nei riguardi di tutte le creature e la compassione per le immense sofferenze che esse debbono subire durante tutta la loro vita terrena. Ma il sentimento di benevolenza o di compassione non è la stessa cosa del sentimento di fratellanza, della coscienza di appartenere a una sola e medesima famiglia. È dunque la filosofia di Gesù, trasmessa attraverso il cristianesimo, che ha permesso al sentimento di fraternità di svilupparsi nel mondo occidentale".
Oggi, malgrado sia trascorso molto tempo, la fraternità è percepita, soprattutto, come un calmante delle patologie sociali, come una “fraternità filantropica” che non pone in discussione le cause che producono le sofferenze umane. Questa idea riduttiva di fraternità, sostenuta talvolta anche in ambienti religiosi, appare molto lontana dalla fraternità originaria che è etica, spirituale, universale e inclusiva, focalizzata sulla considerazione delle situazioni di vita, e non solo di quelle materiali, di tutte le creature viventi..
La Fraternità è apparsa nell’orizzonte della coscienza umana quale idea rivoluzionaria in quanto si prefiggeva di agire sulle cause del dolore umano e di apportare, a tal fine, una nuova visione e consapevolezza della vita collettiva nell’interesse di “tutte le creature”, tenuto conto che le cause delle sofferenze si annidano nei pensieri e nei bisogni egocentrici.
Il principio di fraternità per curare l’uomo e il mondo apportava ed apporta non per una singola parte ma per tutti una nuova filosofia di vita che ingloba pensieri, desideri, bisogni e attitudini fraterne.
Mentre, la fraternità originaria si occupa del “Tutto”, “dell’unica famiglia vivente” e delle cause che possono apportare benessere e armonia alla comunità tutta, la fraternità filantropica considera l’uomo come un semplice organismo vivente deresponsabilizzato, avvinto dai bisogni di sopravvivenza, procreazione e mantenimento della prole.
L’idea originaria di fraternità porta all’Unità in quanto ha cura del “Tutto” e richiede a tutti, quali “membri di una unica famiglia”, una revisione etica delle loro vite e un contributo costruttivo nei limiti del possibile; la fraternità filantropica si limita a richiedere ad una “parte” il dare e ad un’altra “parte” il “ricevere”.
Gli uomini di potere hanno tollerato e talvolta promosso le forme di fraternità “filantropiche”, ma hanno sempre temuto e ostacolato l’idea originaria di fraternità giacché questa esigeva ed esige che il potere egocentrico dell’uomo si trasformi in servizio altruistico per tutta la comunità vivente. Anche oggi, si cerca di convincere l’opinione pubblica, al fine di tenerla dormiente, che la fraternità è una utopia, oppure, è sinonimo di semplice generosità economica o di semplice accoglienza.
Alcuni esempi concreti possono chiarire quanto si intende evidenziare.
Dal principio originario di fraternità discende che l’aiuto fraterno, quello vero, è finalizzato a che “l’altro” (una persona o un popolo) che attraversa un momento deficitario prenda coscienza della propria dignità e del proprio compito e lavori, poi, a sua volta in direzione costruttiva e fraterna, provvedendo al proprio sviluppo e alla maturazione dei propri talenti. L’aiuto fraterno è sì affetto, sostegno e apertura, ma finalizzato al risveglio della coscienza e del senso di dignità e non verso il mero soddisfacimento dei bisogni materiali fini a se stessi.
La stessa nostra Costituzione all’articolo 4 parla di progresso non solo materiale ma “spirituale della società”. Evidentemente la parola “spirituale” non deve essere confusa con la parola “religione” o con le attività delle “istituzioni religiose”. Ma noi non ci interroghiamo più sul senso del progresso “spirituale della società”.
L’accezione odierna e mediatica di fraternità annulla, per quanto sia molto propugnata anche in ambiti religiosi, la finalità spirituale e curativa propria della fraternità. La carità è fraterna se promuove la fioritura degli esseri e non l’addormentamento della coscienza o il disimpegno.
Quanto detto è poi particolarmente rilevante anche nella prospettiva (per coloro che beninteso l’accettano) delle leggi morali di causa-effetto e dell’idea correlata della reincarnazione, nel senso che la carità, priva di etica fraterna, ostacola l’evoluzione individuale giacché colui che ne beneficia, evita di lavorare (simbolicamente parlando) ed elude la “Scuola della Vita”.
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Non a caso, ad esempio, Paolo di Tarso invitava le prime comunità cristiane a rispettare il precetto secondo il quale «chi non intende lavorare neppure mangi» (Tessalonicesi 2, 3-10), sottolineando, in tal modo, che le attitudini egocentriche non debbono essere sostenute nella collettività, ma vanno curate per dare un autentico aiuto a che ne ha bisogno.
Anche nelle regole di un grande mistico, San Francesco di Paola, che ispirò la vita e il proprio Ordine alla parola "Charitas", si legge: ”memori della Scrittura che dice "Chi non lavora, neppure mangi" (Cap. VII - regole di Vita).
Afferma Deunov, il quale ha dedicato numerosi e importanti metodi pedagogici per la realizzazione dell'Idea di Fraternità Universale, che:
“Ciascuno possiede in se dei doni che deve sviluppare nel corso della sua vita, è il nostro diritto di cittadini del mondo. Sviluppare in se questi doni e aiutare gli altri a fare lo stesso, è il senso della vita” (Grain de blè, n.17, p.12).
La carità fraterna non è quindi passività, sostegno delle debolezze, manutenzione dell'esistente, ma aiuto onesto, etico, affettuoso e costruttivo per un futuro migliore.
Afferma, infatti, Aïvanhov che «la meilleure charité c’est d’éclairer les êtres, ce qui leur permet de s’aider eux-mêmes» (Pensées Quotidiennes, 1 mai 1974, Prosveta): "Nel suo significato originario la carità, che è una virtù teologale, sta a indicare l'amore dell'uomo per Dio, da cui procede necessariamente l'amore per il prossimo. Col tempo, purtroppo, questa parola ha finito col perdere il suo significato sublime e ciò che ora chiamiamo carità si esprime mediante azioni che possono non essere accompagnate da un vero sentimento d'amore (Pensiero del giovedì 6 maggio 2004). Una società "è fatta di poveri e di ricchi, e questa è la causa più frequente di conflitti e di scontri. Allora, come risolvere la questione? Ebbene, i poveri potrebbero dire a sé stessi che devono utilizzare la loro situazione per evolvere. Quanto ai ricchi, essi dovrebbero proporre ai poveri di condividere con loro le ricchezze" (Pensiero del martedì 11 luglio 2006).
In altri termini, le necessarie relazioni di condivisione tra povero e ricco non possono esaurirsi in un ambito solo materiale, in una sorta di dare-avere contabile. Occorrono anche i sentimenti costruttivi di entrambi per generare un mondo migliore.
La carità fraterna spinge dunque alla consapevolezza, alla fioritura degli esseri e delle creature in generale.
L’idea di fraternità originaria porta al risveglio della coscienza della propria dignità e dei propri talenti da sviluppare anche a beneficio degli altri, perché siamo un Tutt’Uno.
La fraternità mediatica, per il tramite delle emozioni suscitate, invece, genera una sorta di trappola per la coscienza in quanto essa viene spinta a focalizzarsi sugli effetti dolorosi e viene distolta dalla comprensione delle cause e dall’azione curativa per prevenire ulteriori situazioni di dolore.
Accettare l’idea di fraternità originaria vuole dire, invece, mettere in discussione e rivedere i nostri ideali di vita, il senso della nostra nutrizione, della sessualità, della procreazione, dell’educazione, del possesso dei beni materiali, del rapporto con tutte le creature, quelle animali comprese.
Il principio di fraternità comporta un ripensamento interiore del modo di vivere, dei nostri desideri e dei bisogni affinché siano in armonia con la vita collettiva e con la Terra che ci ospita in quanto facciamo parte realmente di una famiglia unica, dell’Intero Creato.
L’idea di famiglia unica valorizza la quintessenza di tutti i popoli, delle loro culture e tradizioni.
1L’orizzonte dell’uomo nell’idea di fraternità non è identificato con quello del semplice organismo vivente che deve misurarsi con le sole pulsioni della sopravvivenza e della riproduzione. Questo ultimo è l'orizzonte della fraternità mediatica.
L'idea di fraternità originaria spinge tutti a fare un lavoro su se stessi per il bene di tutti, quella filantropica non contempla, invece, la cura spirituale di se stessi.
L’idea di fraternità originaria mette in discussione, ad esempio, la procreazione secondo l’istinto, fonte di innumerevoli sofferenze, curabile tramite una nuova educazione e consapevolezza fraterna della vita e della sessualità (vedi, ad esempio, le straordinarie conferenze di O.M. Aïvanhov sull'Amore e la sessualità).
L’idea di fraternità originaria coltiva infatti l’idea di popolare la Terra di uomini e donne concepiti con amore ed educati, da subito, a vivere con dignità e consapevolezza la vita nel rispetto di tutta la Creazione.
L’Idea di fraternità ha, se intesa nel suo senso originario, questa forza straordinaria di cambiamento, di armonizzazione e di pacificazione tra i popoli, tra gli uomini e la Natura tutta.
Il principio di fraternità cambia profondamente il vivere insieme nel mondo, le relazioni tra i paesi, la gestione delle risorse e i comportamenti civici in generale.
L’idea di fraternità originaria valorizza, come detto, l'idea di famiglia ove tutti collaborano e si sostengono per il bene comune. Analogamente a quanto avviene nell’organismo sano, così nella vita sociale, i popoli, lungi dall’approfittare gli uni degli altri, si aiutano e cooperano tra loro.
Il principio di fraternità riconosce dignità a tutti, individui, famiglie e popoli poiché opera nell’orizzonte della famiglia unica sulla Terra, cioè nella coscienza di unità.
L’idea di famiglia unica sulla Terra supera quello che gli studiosi definiscono “l’egoismo mascherato” delle piccole famiglie tradizionali all’interno delle quali l’altruismo opera, esclusivamente, a vantaggio degli interessi dei soli consanguinei, nelle ipotesi migliori. L’idea di famiglia unica orienta ma non sopprime le famiglie tradizionali.
I popoli e gli individui, se sono fraterni, come lo sono gli organi sani di uno organismo sano, realizzano tra loro nel rispetto delle diverse peculiarità scambi armoniosi: non operano per impedire lo sviluppo degli altri popoli, non si appropriano delle materie prime di cui i popoli hanno bisogno per crescere; non mantengono intere generazioni nello stato di inconsapevolezza; non cercano di vivere con i frutti del lavoro altrui; non mettono al mondo figlie e figli senza interrogarsi se si è in grado o meno di prendersene cura. Queste attitudini, sempre presenti nella storia umana, hanno generato e generano rancori, conflitti e infine, guerre.
Non dobbiamo meravigliarci del fatto che le stesse istituzioni religiose operino prevalentemente nell’ottica divisiva della fraternità filantropica. In effetti tali istituzioni, fatti salvi gli encomiabili comportamenti dei singoli, non hanno realizzato, dopo migliaia di anni, una società fraterna nel loro stesso ambito istituzionale. Infatti, lo Stato Vaticano non è riconosciuto dagli stessi prelati come Stato eticamente “fraterno” e nessuno di loro pensa che possa o che debba esserlo.
D’altronde, coloro che hanno nella loro interiorità conflitti ed energie antagoniste non riescono ad accettare il principio di fraternità universale ma possono, soltanto, accoglierne l’accezione “filantropica”, giacché tramite questa riescono comunque a dare sfogo alle loro pulsioni antagonistiche, combattendo così altri esseri umani, a seconda della “parte” nella quale questi sono collocati, ritenendo, beninteso, che tale aggressività sia eticamente corretta. Ma tutto ciò nulla a che vedere con la giustizia e nemmeno con la fraternità la quale è psicologicamente inclusiva, onesta, pacifica ed etica.
Chi opta per la fraternita originaria non spinge le parti al conflitto ma le responsabilizza tutte al fine di prevenire le sofferenze e le ingiustizie anche quelle sociali.
L’Idea originaria di fraternità, essendo focalizzata non su una singola parte ma sul Tutto, spinge i popoli a volersi bene e a cooperare con lealtà per lo sviluppo di «tutti» in quanto «tutti» fanno parte di uno stesso organismo vivente e di una stessa famiglia.
L’Idea di fraternità originaria se entra nelle coscienze e nelle anime degli uomini cura le attitudini umane che si oppongono alla convivenza pacifica.
“Io sono convinto, al pari di un bimbo, che le sofferenze saranno sanate e cancellate […] che in ultimo, alla fine del mondo, nel momento dell’eterna armonia, succederà qualcosa di sublime che basterà per colmare tutti i cuori, per placare tutte le indignazioni, per riscattare tutti i misfatti degli uomini, tutto il sangue da essi versato: e non solo allora si potrà perdonare, ma persino giustificare tutto ciò che è accaduto fra gli uomini”. (Dostoevskij, Fratelli Karamazov) |
Se desideriamo che la vita sulla Terra migliori, non dobbiamo limitarci ad attitudini emotive tese soltanto a lenire gli effetti di una società sofferente, giacchè occorre agire sulle cause per rimuovere queste sofferenze: la coscienza di fraternità, in effetti, opera sul piano delle cause in quanto non alberga in essa il seme del conflitto e dell’antagonismo e non può far germogliare, conseguentemente, attitudini di guerra e odio. L’attitudine fraterna, proprio per la ragione anzidetta, esprime l’attitudine risolutiva.
Abbiamo bisogno dunque di individui, popoli e Istituzioni nazionali ed internazionali che operino per il “Tutto” e che non si identifichino psicologicamente soltanto con una "parte".
Occorre, come sostengono molti, un grande percorso culturale e pedagogico da compiere per favorire la formazione della coscienza di Unità e Fraternità.
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