Modulo 3. L’appello della cultura, nell’era della globalizzazione e delle interdipendenze, al valore di fraternità, indispensabile per realizzare la libertà e l'uguaglianza.

 

 


1. La cooperazione fraterna, principio fondamentale per garantire libertà e uguaglianza.

”Riscoprire e ridefinire sul piano pratico la fraternità non tanto come esigenza del cuore spontaneista e volontarista, ma come scelta civile di essere umani è la sfida attualissima della democrazia nel nuovo contesto del mondo”

 

1.1. Numerosi eventi di varia natura spingono l’umanità ad adottare modelli di gestione concordata degli equilibri del Pianeta: pensiamo alla globalizzazione, alla accresciuta interdipendenza tra i paesi e alla grave vulnerabilità delle risorse del Pianeta. Nel contempo, numerosi eventi acuiscono le conflittualità sociali in vari Paesi: pensiamo ai flussi migratori incontrollabili, alla sproporzione inarrestabile tra povertà e ricchezza, ai conflitti armati avviati in alcune aree del pianeta, alla crisi delle ideologie, delle democrazie e delle sovranità.
Il cosiddetto mercato globale osserva Capra “non è in realtà un vero e proprio mercato, ma una rete di macchine programmate a partire da un valore unico, il denaro, che esclude tutti gli altri valori […] il principio su cui si basa, ossia che fare denaro debba avere la precedenza sui diritti umani, sulle democrazie, sulla tutela dell’ambiente e su qualsiasi altro valore, è garanzia di catastrofe. Tale principio può essere modificato non è una legge di natura […] le reti elettroniche di flussi finanziari e informativi possono incorporare altri valori” (1).
L’avanzata globalizzante del capitale, della finanza e del commercio, cioè di forze che mirano dal loro punto di vista al solo lucro avaloriale, non è stata accompagnata, ha osservato Bauman, “da un'adeguata progressione nelle risorse con cui l'umanità controlla tali forze. In particolare, questa globalità non è stata accompagnata da un'ascesa altrettanto veloce del controllo democratico” (2). Ma la cosa ancora più grave è che a fronte dell’espansione di queste forze materialistiche, non sono state messe in campo altre forze di natura morale in grado di vigilare su di esse.
Molti ritengono che se si vuole sopravvivere, occorre cooperare, ricercare una nuova sintesi non meramente quantitativa tra democrazia e uguaglianza, tra capitalismo e socialismo, tra mercato e Stato. Ma non possiamo pensare di rifondare “la democrazia continuando ad avere in mente gli schemi del passato: sono cambiati i protagonisti della contesa pubblico/privato, sociale/individuale, e nuovi ruoli e simboli sono apparsi sulla scena della comunità umana […] a tale risultato giungono quasi simultaneamente le ricerche più recenti delle discipline umano-sociali” (3).
Il processo di globalizzazione sospinge indirettamente alla rivalutazione delle proposte di fraternità universale in quanto “crea un'interdipendenza così stretta fra tutte le parti del mondo che obbliga necessariamente a trovare una soluzione collettiva o una caduta collettiva. L'idea di fraternità universale e solidarietà in questo contesto possono giocare un ruolo politico e trovare un ampio consenso in un'epoca di globalizzazione caratterizzata come società di rischio e constatato che è in gioco la stessa sopravvivenza dell'umanità” (4).

Scrive Rifkin che “la civiltà dell'empatia è alle porte. Stiamo rapidamente estendendo il nostro abbraccio empatico all'intera umanità e a tutte le forme di vita che abitano il pianeta. Ma la nostra corsa verso una connessione empatica universale è anche una corsa contro un rullo compressore entropico in progressiva accelerazione, sotto forma di cambiamento climatico e proliferazione delle armi di distruzione di massa. Riusciremo ad acquisire una coscienza biosferica e un'empatia globale in tempo utile per evitare il collasso planetario?” (5)


Già nella prima metà del secolo scorso, Deunov in Bulgaria e Aïvanhov in Francia, sostenevano che la fraternità avrebbe ottenuto un ruolo di primo piano per l’umanità futura e che il posto attribuito all'intelletto, cioè alla sola capacità di acquisire conoscenze per agire sulla materia, si sarebbe ridimensionato a vantaggio dei valori di fraternità, collettività e universalità (6). Aïvanhov avvertiva che "col tempo, gli esseri umani saranno obbligati a comprendere il ruolo benefico dell'idea di una famiglia universale, ed essi la auspicheranno. Già da alcuni anni certi dirigenti politici cominciano a riprendere questa idea, perché si accorgono che soltanto una fratellanza universale può salvare l'umanità dall'abisso verso il quale essa sta precipitando. Sì, nel timore di una distruzione mondiale, tutti saranno ben presto obbligati a muoversi nel senso della fratellanza” (7).


Infatti, il principio di fraternità è invocato oggi da molti pensatori quale unico e possibile baluardo per superare i conflitti, tutelare l’umanità e il pianeta, anche se la comunicazione di massa non lascia ancora percepire questa nuova sensibilità. La fraternità può garantire, si afferma, “la sopravvivenza e la qualità di una società politica” (8).


Osserva Bauman che “la domanda «sono forse io il custode di mio fratello?» alla quale fino a non molto tempo fa si credeva di avere risposto una volta per tutte e che quindi non veniva più ripetuta, comincia a risuonare in maniera sempre più fragorosa e battagliera” (9).


Abbiamo bisogno, si sostiene, “di costruire un nuovo dovere ma per farlo dobbiamo arrivare a stabilire dei principi. Ma come si può fondare il pensiero etico del nostro tempo? Riscoprire e ridefinire sul piano pratico la fraternità non tanto come esigenza del cuore spontaneista e volontarista, come carità, ma come scelta civile di essere umani… è la sfida attualissima della democrazia nel nuovo contesto del mondo” (10).


Afferma Mattei che “è giunta l’ora di riabilitare la fraternità e di darle il suo pieno e completo significato. I periodi di crisi come quello che stiamo attraversando sono propizi per cercare di contribuire all’evoluzione delle mentalità. Difatti le crisi mettono in risalto i nostri limiti i quali, nella situazione di oggi, non sono unicamente e primariamente dei limiti economici, finanziari e sociali bensì dei limiti etici e spirituali. In merito alla fraternità, credo si debba ora affermare ovunque con forza e vigore che essa è il valore e lo strumento più idoneo per aiutarci a giungere alla completezza della nostra umanità tentennante ed incerta di se stessa. E proprio questo la società mondiale aveva proclamato nel 1948 quando promulgò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani di fronte alla barbarie di cui era stata teatro la Seconda Guerra Mondiale, rivelandoci il lato più oscuro della nostra umanità. Su che cosa si basa la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani? […] gli uomini devono agire gli uni verso gli altri in uno spirito di fratellanza. Ciò significa che la fraternità è una cosa che deve imporsi agli uomini” (11).
La fraternità, dunque, “ha titolo per possedere un rilievo politico, e la si può considerare un criterio che sollecita la completa trasformazione della politica come tale” (12).
Ciò è vero, a maggior ragione, nella situazione attuale nella quale “l’avventura dello Stato moderno ha raggiunto il suo capolinea, questo è il punto […]. Oggi, il problema delle istituzioni di fraternità è un problema nuovo. A quale senso di fraternità noi possiamo fare appello per costruire nuove istituzioni, anche politiche? Perché a questo punto il problema è proprio questo, cosa verrà al posto dello Stato moderno nel panorama internazionale dal punto di vista delle strutture politiche? Queste strutture politiche su quale senso di fraternità si baseranno? Certamente è improbabile che si basino sul senso religioso cristiano […] ed è improbabile anche che si basino su quel senso di cittadinanza che è tipico dello Stato moderno. Quindi la situazione di oggi è proprio quella della ricerca di una fraternità […]. Le istituzioni dei Monasteri sono sorte perché già c’era uno spirito cristiano, quelle dello Stato perché già cominciava a serpeggiare lo spirito della cittadinanza, ma le istituzioni della globalizzazione quale forma di fraternità porteranno dentro di sé?” (13)

Inoltre, si chiede Donati: ”verso quale assetto è possibile/probabile che la società attuale si incammini qualora voglia stare alla larga sia da Scilla (le patologie del socialismo marxista) sia da Cariddi (le patologie del liberalismo)?” (14)
Abbiamo preso coscienza nel corso della nostra storia che la fraternità come valore politico si è eclissata ma che, nella sostanza, gli altri due principi vittoriosi del trittico rivoluzionario hanno avuto un consenso, soprattutto, quantitativo. Abbiamo compreso di aver trascurato il fatto che il principio di fraternità avrebbe potuto esercitare una funzione regolativa degli altri due principi, nel senso che essa avrebbe potuto fornire una risposta adeguata alla domanda sul “come” essere liberi e sul “come” essere uguali: “una libertà fraterna, infatti, non arriverà mai ad imporre la legge del più forte; una uguaglianza fraterna, dal canto suo, non imporrà mai un impersonale appiattimento” (15).

 

Anche Galimberti ha posto in luce l’insufficienza della libertà e dell’uguaglianza e il misterioso silenzio che ha avvolto la fraternità nella cultura ufficiale: “ora che il mondo è divenuto villaggio globale le differenze esplodono e grande si fa l'incomunicabilità tra il bianco e il nero, tra l'occidentale e l'orientale, tra il popolo del Nord e il popolo del Sud che la ragione unificante dell'Occidente fatica a conciliare. Ma il mancato riconoscimento delle differenze non crea solo steccati di incomunicabilità tra i popoli, ma, all'interno della stessa città, sempre più cosmopolita, tra le differenti comunità. Qui l'Occidente è assolutamente impreparato, perché la differenza, che un tempo incominciava ai confini della città e si risolveva con il trattato o con la guerra, ora è all'interno della città, di ogni città divenuta un concentrato di mondo. La Rivoluzione francese aveva trovato uno strumento teorico per affrontare questo problema, ma la storia successiva l'ha smarrito. Infatti, delle tre parole inaugurate dalla rivoluzione: libertà, uguaglianza, fraternità, le prime due hanno avuto successo perché, essendo compatibili con la natura quantitativa della democrazia, hanno generato rispettivamente la liberaldemocrazia e la socialdemocrazia. E della fraternità che ne è stato? E che cosa davvero significa? Non c'è dizionario che ne renda ragione” (16).

 


I tre principi sono importanti allo stesso modo, osserva Amartya Sen, premio Nobel nel 1998: “La libertà consente all’uomo di agire alla luce della ragione che a ciascuno è data. L’uguaglianza, se siamo esseri umani, è garantire a tutti le medesime opportunità. La fraternità permette di stabilire di continuare relazioni reciproche che non siano fondate sull’ostilità, che ci consentano quindi di sentirci vicendevolmente a nostro agio, di vivere vicini senza danneggiarci, di essere rispettati dai propri simili, di partecipare alla vita della comunità. Cercare di stabilire tra questi principi una classifica, mi sembra come tentare di dire che cosa sia preferibile tra i sensi, l’udito, la vista, il gusto. Valgono tutti e tre allo stesso modo e di nessuno dei tre vorrei privarmi“ (17).
I tre principi, libertà, uguaglianza e fraternità devono necessariamente inverarsi insieme: la libertà e l’uguaglianza senza la fraternità degenerano come ”è accaduto nella storia dei due secoli successivi, quando la libertà e l’uguaglianza si sono separate e contrapposte, dando vita a sistemi socio-economici conflittuali. Non è strano allora che oggi si voglia riprendere la riflessione sulla fraternità: è, in realtà, una riflessione sull’intero trittico, è l’esigenza di riprendere in mano, con diversa consapevolezza ed esperienza, il progetto politico che voleva mettere insieme la libertà e l’uguaglianza attraverso la fraternità […]. Che la fraternità abbia questo ruolo di “generatore” degli altri due principi lo si vede lungo tutta la storia del Novecento: quando sono venute a mancare la libertà e l’uguaglianza, i popoli sono sempre ripartiti dalla fraternità […] la fraternità ha continuato ad ispirare il pensiero della democrazia […] è con quello che siamo usciti dalla guerra e dall’oppressione nazifascista. Viceversa, la fraternità non può agire come principio pubblico senza libertà e uguaglianza: ricadrebbe nelle sue possibili degenerazioni settarie, privatistiche, fondamentaliste” (18).
Si è osservato che “sull’abuso del concetto di libertà si sviluppò la psiche del capitalismo. La libertà venne adoperata prevalentemente come strumento di allargamento del potere economico e delle autonomie individuali […] a scapito dei più poveri. Il capitalismo, praticando libertà senza fraternità, rivela la sua natura selvaggia, di homo homini lupus. Sull’abuso del concetto di uguaglianza si resse il socialismo scientifico che adoperò la libertà intesa quasi esclusivamente sul piano economico a scapito della libertà più interiore e profonda; la psiche del comunismo, praticando l’uguaglianza senza fraternità, divenne egualitarismo e propalò una tetra uguaglianza più formale che reale. Di qui la necessità attualissima di fare della fraternità strumento di cultura, e della cultura strumento di fraternità” (19).
La fraternità, ricorda Le Goff, “in quanto pensiero del legame con l’altro, che le sue sorelle maggiori, libertà e uguaglianza, trascurano, può offrire oggi un contributo attivo alla costruzione del diritto sociale su due versanti: quello dell’assistenza e della protezione sociale e quello del lavoro. Non si può, infatti, non prendere coscienza delle insufficienze della libertà e dell’uguaglianza, che restano confinate al registro individualista dei diritti soggettivi. Se l’uguaglianza esprime una domanda di “sociale” in termini di correzione-redistribuzione, lo fa secondo una modalità comparativa tra individui che restano esterni, o estranei, gli uni agli altri. Una volta visti garantiti i propri diritti, ognuno torna a pensare per sé. Solo la fraternità permette di dar conto della dinamica morale e politica dell’attenzione all’altro, dell’aiuto che gli è offerto e di un’azione comune in vista della giustizia. Essendo radicata nella relazione, essa è l’anima del legame sociale che viene declinato in chiave giuridica” (20).


Mostra tutta la sua attualità, si è detto, “una convinzione che fu di Henri Bergson (e cara a Maritain), secondo cui la democrazia per mettere d’accordo libertà ed eguaglianza ha bisogno della fratellanza. Questo è “il principio dimenticato”, che è stato dimenticato in quanto considerato poco politico, e invece la politica, almeno la politica democratica, non ne può fare a meno” (21).
Anche Bobbio, a ben vedere, quando “elencava i principi fondamentali della democrazia, dopo quello di tolleranza, di nonviolenza, di rinnovamento graduale della società attraverso il libero dibattito, poneva per ultimo, a conclusione e a riassunto di tutti, quello di fraternità. È il più radicale, il più fondativo: «in nessun paese del mondo il metodo democratico può perdurare senza diventare un costume. Ma può diventare un costume senza il riconoscimento della fratellanza che unisce tutti gli uomini in un comune destino?». La domanda di Bobbio è retorica: prenotava una risposta negativa, cioè non c’è democrazia senza fraternità. Oggi questo principio ideale riesce a rivitalizzare il pensiero democratico attraverso i principi dell’interdipendenza e del comune destino, i quali conducono al più ampio margine le prossimità delle relazioni umane. Introducono tale prossimità nel progetto politico, come elemento necessario e non opzionale, e sospingono verso nuovi obiettivi lo sviluppo del pensiero e della forma reale delle democrazie” (22).


Osserva Aïvanhov sul punto: “Libertà, uguaglianza, fraternità è il motto delle Repubblica Francese. Diciamo ora qualche parola a proposito dell’uguaglianza. Non si tratta, evidentemente, dell’uguaglianza naturale: alcuni vengono al mondo con una costituzione robusta, con facoltà intellettuali o doni artistici, mentre altri sono ammalati, o limitati da tutti i punti di vista. Questa parola ‘uguaglianza’, presente su tanti edifici pubblici, rappresenta certamente la legalità nei confronti della legge. Ma, anche in questo caso, è realizzabile l’uguaglianza? Davanti alla legge, i cittadini sono tutti ugualmente provvisti di mezzi e di possibilità uguali? No. Per esempio, una grossa multa da pagare non rappresenta lo stesso problema per un miliardario o per colui che ha solo ciò che gli serve per vivere. La legalità esatta di fronte alla legge è irrealizzabile. Per questa ragione la legalità deve sempre essere accompagnata dalla fraternità che fa pure parte del motto della Repubblica” (23). Anche in una stessa famiglia, si è obbligati a constatare che “les facultés physiques, intellectuelles, morales, spirituelles ne sont pas également réparties entre tous les frères et sœurs, mais le lien qui les unit doit compenser ces inégalités. Et il en est de même dans la société. Le seul moyen de remédier aux inégalités est la conscience du lien fraternel qui unit tous les humains entre eux“ (24).
Il nesso indissolubile fra i tre principi è posto in evidenza anche da Morin: “oggi nel trittico libertà, uguaglianza, fraternità, il più significativo ed urgente è la fraternità. La virtù della fraternità favorisce la libertà e l'uguaglianza, e ci permette di lottare contro la disuguaglianza, almeno la più palese, per aiutare coloro che soffrono di più dalla disuguaglianza. Noi abbiamo nella fraternità la parola-chiave, la plaque tournante de notre trinité“ (25).
In effetti, “se è vero che la fraternità non potrebbe esistere che tra uomini liberi ed uguali, non è meno vero che la libertà e l'eguaglianza non possono esistere in una società dove la fraternità non trova il suo posto. Il riconoscimento di questa interdipendenza e l’integrazione dei valori essenziali per la fraternità nell'ordinamento giuridico degli Stati restano essenziali per il mantenimento della pace e della democrazia” (26). Nello stesso senso, Canivet osserva che l’idea di fraternità è più che mai attuale e indispensabile per ricreare il legame sociale, rispettare la dignità della persona, rendere più umane le relazioni tra l'amministrazione e la persona che viene aiutata (27).
La fraternità riconosce ”in ogni persona uno che è insieme diverso da me e uguale a me. Diverso perché ognuno è unico. Uguale perché in ognuno c’è la chiamata ad essermi fratello in umanità, fratello in quanto appartenente ad un’unica famiglia umana. D’altronde la fraternità arricchisce la libertà e l’uguaglianza. Effettivamente, al contrario della libertà liberale, la libertà fraterna si sente responsabile della libertà dell’altro [...]. Senza la fraternità, la libertà diventa il diritto di sfruttare gli altri e di dominarli. Nello stesso modo, l’uguaglianza senza la fratellanza prepara le vie alla burocrazia se non addirittura al dispotismo e alla dittatura. Senza la fraternità, anche la libertà e l’uguaglianza finiranno col morire o con lo screditarsi” (28).
Abbiamo sperimentato nella nostra storia ordini sociali e giuridici privi di fraternità e abbiamo provocato sofferenze e danni tangibili anche alla sostenibilità della nostra vita. Il valore della fraternità, ad avviso di molti, non può più essere estromesso dalla vita istituzionale e sociale.


1.2. Il principio di fraternità è invocato dagli economisti più avveduti sub specie di “principio di reciprocità” per superare la crisi dell’economia di mercato. Si afferma a questo proposito: “Non è capace di futuro la società in cui si dissolve il principio di fraternità; non è cioè capace di progredire quella società in cui esiste solamente il «dare per avere» oppure il «dare per dovere». Ecco perché né la visione liberal-individualista del mondo, in cui tutto (o quasi) è scambio, né la visione statocentrica della società, in cui tutto (o quasi) è doverosità, sono guide sicure per farci uscire dalle secche in cui le nostre società sono oggi impantanate. Il welfare state è quel particolare modello di ordine sociale i cui pilastri sono, da un lato, lo scambio di equivalenti (identificato con il mercato) e, dall'altro, la redistribuzione (identificata con lo Stato). Di qui la logica di tipo dicotomico Stato-mercato: il mercato si occupa esclusivamente dell'efficienza; lo Stato si occupa invece dell'equità, da ottenersi attraverso la redistribuzione. Al mercato viene chiesto come unico metro di giudizio, anche morale, di essere efficiente. L'agire economico di mercato non sopporta altri canoni di valutazione, pena la sua perdita di senso. Ciò ha importanti implicazioni. Se l'imprenditore può ottenere risultati efficienti eludendo le norme vigenti o non rispettando pienamente diritti umani fondamentali, poco male: l'importante è che sia efficiente […]. Bisogna che il mercato torni a essere civile, luogo di incontro e di relazione fra le persone e non di sole merci […]. A cosa mira il principio di reciprocità? Mira a mettere in pratica la fraternità. Anche questa parola, come direbbero gli psicologi, è stata rimossa” (29).
Per molti, ricordano Boff-Hathaway, “l'economia è la scienza (o l'arte) di produrre, distribuire e consumare la ricchezza. In parole povere, l'economia sarebbe l'arte di fare denaro. Ma in greco "economia” si dice oikonomia, ossia l'arte di curare e gestire la casa, sia essa la comunità, la società o la Terra. La radice di "economia” infatti è la stessa del termine "ecologia": lo studio della casa. Aristotele fece una distinzione netta tra economia e "crematistica", ossia le attività speculative che non producono nulla di valore e che tuttavia generano profitto. La crematistica è «la branca dell'economia politica relativa all'uso della proprietà e della ricchezza in vista della massimizzazione del valore di scambio monetario per il proprietario nel breve periodo» (H. Daly-Cobb) […] gran parte della nostra prassi "economica" non è altro che una forma sofisticata di crematistica” (30).
1.3. Anche la gestione dei beni comuni non può prescindere dal valore della fraternità. Osserva Zamagni che ”è ancora scarsa la letteratura sulla soluzione comunitaria e ancora più scarse sono state, finora, le realizzazioni pratiche. Ma di chi è la responsabilità di tale ritardo? C’è forse da meravigliarsi se dopo oltre due secoli di cultura economica durante i quali si è insegnato e raccomandato che il comportamento razionale è quello dell’individuo che pensa solo a se stesso e che rispetta le regole, è oggi così difficile far comprendere che contratto e comando non bastano a risolvere i crescenti casi di dilemmi sociali? La responsabilità, allora, è di tutti coloro, studiosi, intellettuali, politici, che si ostinano pervicacemente a pensare (e dunque ad agire) l’ordine sociale nei termini della dicotomia pubblico/privato [...] cosa presuppone la messa in cantiere della soluzione comunitaria? Un patto di fraternità [...]. Liberté e egalité dicono individuo; fraternità dice invece legame tra le persone” (31).
Rileva Bruni che “pochi associano la fraternità a discorsi di carattere economico, ma senza di lei non c’è modello che regga. Come sta accadendo oggi: la logica individuale che massimizza il vantaggio a spese dell’interesse di tutti ci sta portando in un vicolo cieco [...]. Per i beni comuni occorrono virtù di reciprocità che esprimano da subito un legame tra le persone. Quali? La prima virtù che oggi va assolutamente eretta a principio fondativo della post modernità, della società globalizzata e dell’economia dei beni comuni, è la fraternità [...]. Oggi la qualità dello sviluppo dei popoli e della terra dipende certamente dai classici beni privati, ma molto più da beni (o mali) comuni come i gas serra, l’acqua, o lo stock di fiducia dei mercati finanziari (la crisi finanziaria può anche essere letta come una tragedia del bene comune fiducia) [...]. La storia dei popoli ha conosciuto molti momenti dove siamo stati posti di fronte al bivio fraternità-fratricidio, due strade sempre confinanti, dai tempi di Caino. A volte abbiamo scelto il senso della fraternità, altre, più numerose, quello del fratricidio. Oggi il bivio è ancora di fronte a noi” (32).


1.4. Al valore della fraternità si fa appello anche al fine di tutelare l’ambiente, la biosfera e le generazioni future. Sulla fraternità degli uomini su scala mondiale e nella sua dimensione intergenerazionale, riposa l’imperativo della protezione dell’ambiente: ”il diritto ambientale impone all'uomo di superare il suo egoismo e di volgersi allo spirito di condivisione. Non inquinare lo spazio di altri paesi, rispettare la biosfera come bene comune degli uomini e lasciare un ambiente sostenibile per le generazioni future è un dovere di fraternità" (33).
1.5. Il principio di fraternità è invocato, per certi aspetti, da autorevoli filosofi del diritto come Rawls sub specie di “principio di differenza”, nel senso che le diseguaglianze sociali ed economiche sono ammesse in uno Stato ispirato alla giustizia a condizione che siano correlate a vantaggi per tutti e derivino da cariche sociali aperte a tutti: “il principio di differenza sembra corrispondere al significato naturale della fraternità: cioè, all'idea di non desiderare maggiori vantaggi, a meno che ciò non vada a beneficio di quelli che stanno meno bene. La famiglia, in termini ideali, ma spesso anche in pratica, è uno dei luoghi in cui il principio di massimizzare la somma dei vantaggi è rifiutato. In generale, i membri di una famiglia non desiderano avere dei vantaggi, a meno che ciò non promuova gli interessi dei membri restanti. Il voler agire secondo il principio di differenza ha esattamente le stesse conseguenze. Coloro che si trovano nelle condizioni migliori desiderano ottenere maggiori benefici soltanto all'interno di uno schema in cui ciò va a vantaggio dei meno fortunati [...] l'ordine sociale non deve determinare e garantire le prospettive più attraenti di quelli che stanno meglio, a meno che ciò non vada a vantaggio dei meno fortunati” (34). Secondo Rawls “solo in tal modo la nozione di fraternità può essere eretta a nozione politica fondamentale accanto alla libertà e all'eguaglianza e cosi riscattata dall'oblio in cui è caduta” (35). La fraternità, anche se non definisce di per sé alcuno dei diritti democratici, include attitudini mentali e linee di condotta senza le quali perderemmo di vista i valori espressi da questi diritti (36).
1.6. I valori connessi alla fraternità, si è detto, affiorano anche “in quella che si potrebbe definire la dura sperimentazione scientifica... Nello scenario attuale della medicina predomina il rapido sviluppo della tecnologia, l’affermarsi di una medicina basata sull’evidenza, che pone l’attenzione su prove di efficacia, su trial clinici randomizzati condotti su grandi casistiche di pazienti, sul contenimento dei costi. È pensabile che vi sia posto per la dimensione della fraternità? Si potrebbero ipotizzare evidenze scientifiche per questa categoria applicata alla medicina?... Soprattutto negli ultimi anni si sta ponendo l’attenzione anche su aspetti non strettamente tecnici, come ad esempio la relazione e la comunicazione con il paziente, la risposta soggettiva alle terapie rispetto alla casistica anonima, la dimensione spirituale, il “clima terapeutico” all’interno dell’équipe di cura, gli stili di vita, il ruolo che rivestono la comunità e la società per la salute, etc.” (37).


Anche sul piano della indagine psicologica si osserva che “la sfida esaltante che la psicologia oggi dovrebbe raccogliere è quella di lavorare sulle molte varietà del «noi», sulla psicologia della fraternità, sul come imparare a collaborare nei gruppi, sull'amore fraterno, sulle relazioni d'amore con gli altri... ritengo importante focalizzare l'attenzione sul fatto che essere altruisti fa bene al cervello: c'è davvero più gioia nel dare che nel ricevere” (38). Anche Maslow già nella metà del secolo scorso evidenziava la necessità della psicologia sociale di studiare la fraternità, la cooperazione, le comunità utopistiche e quindi anche le persone più sane e più forti della società. Questo autorevole psicologo sosteneva la necessità di non limitarsi a studiare il pregiudizio, l’odio e l’ostilità in quanto nelle persone sane queste forze sono di importanza piuttosto secondaria (39).


1.7. Si è pure osservato che il principio di fraternità potrebbe essere recepito espressamente negli ordinamenti giuridici e potrebbe essere posto alle radici dello stare insieme. Da secoli si indaga, infatti, sul principio in forza del quale gli uomini si trovano reciprocamente legati: se per inclinazione naturale oppure per sforzo razionale (40). Il principio di fraternità potrebbe offrire così la soluzione, sul piano del diritto costituzionale, al problema tradizionale relativo al come “integrare il pluralismo sociale in unità politica”, ovvero al come “mantenere l’unità del corpo politico” (41).
1.8. L’idea di fraternità, ad avviso di molti, può, dunque, prendere il posto delle vecchie ideologie dalle quali per secoli abbiamo tratto le nostre ispirazioni per progettare azioni di riforma della società e sulla base delle quali abbiamo interpretato la storia umana e il nostro ruolo nel mondo. L’idea di fraternità universale possiede il carburante per dare linfa alla nuova progettualità umana, un carburante che le ideologie a noi note non possiedono più. È l’unica idea che può permetterci di risolvere gravi problemi collettivi in quanto se è autentica, rende tra l’altro possibili soluzioni sistemiche. È l’unica idea che può conciliare l’esigenza di creazione individuale della ricchezza lecita a seconda delle proprie capacità (libertà individuale) e l’esigenza della distribuzione e condivisione delle stesse con l’umanità (uguaglianza) (42). È l’unica idea che può rendere possibile, se è autentica, il pluralismo religioso.

Ma questa Idea deve essere sostenuta a livello pedagogico. Dobbiamo riconoscere con onestà che le ragioni del sangue non sempre hanno reso le famiglie un modello di fraternità e che le ragioni prettamente religiose non hanno fermato guerre od ostilità. Anche i movimenti spirituali oggi molto diffusi intendono, talvolta, la fraternità come espansione delle loro strutture organizzative e della loro auctoritas umana: mentre i mistici parlano di universalità, i discepoli praticano, talvolta, la particolarità. D’altronde, a causa di questi egocentrismi, i movimenti spirituali faticano ad avere una voce unitaria sul piano della comunicazione sociale. Parimenti, dobbiamo riconoscere che le ragioni umanitarie prettamente laiche non hanno dato ingresso a ceti politici in grado di orientare la collettività sui valori della fraternità. Eppure, molti invocano la fraternità per trovare con essa il superamento delle contraddizioni nelle quali ci troviamo. In attesa che laici e spiritualisti uniscano gli sforzi, le diverse sensibilità e capacità per un lavoro comune, l’unica strada per avviarci verso una società migliore è quella di far ricorso a un approccio pedagogico. Non appare più sufficiente fare appelli ai valori di cooperazione fraterna, senza cercare di evidenziare, nel contempo, come concretamente sia possibile avvicinarsi a detti valori (cfr. modulo IV, 9 e 12). Non possiamo confidare nello sviluppo di una fraternità presentata come buonismo, come comportamento emergenziale oppure come credo delle istituzioni religiose, giacché si tratta di acquisire non un generico sentimento, ma una filosofia di vita.

 


2. La cooperazione fraterna, principio fondamentale per garantire la dignità. Solidarietà, filantropia e fraternità.

L’appello alla fraternità appare anche risolutivo del grande problema della tutela della dignità umana, oggi più che mai avvertito (modulo 1). Molti convengono sul fatto che l’ideale di fraternità sprigioni più della solidarietà, una energia costruttiva della dignità umana, in quanto reca in sé l’aiuto verso l’altro inteso come aiuto al risveglio della consapevolezza, compresa quella della propria dignità. Grazie alla nostra storia passata, abbiamo compreso che senza la forza coscienziale del cuore implicita nella fraternità, non potranno inverarsi cambiamenti profondi, idonei a praticare nei fatti la dignità. La via meramente intellettuale non porta queste trasformazioni profonde. D’altronde la stessa solidarietà, bandiera spesso degli approcci intellettualistici, non reca in se una valenza rivoluzionaria nelle relazioni umane e sociali. Il solidarismo non ha rimesso in discussione in Francia, osserva Mattei, “le basi della società repubblicana liberale, capitalistica e produttivista con le disuguaglianze, le ingiustizie e l’individualismo che ne derivavano. La solidarietà ha come unico scopo il correggere la rotta di tali disuguaglianze e ingiustizie senza tuttavia rimetterle in discussione. La nostra Repubblica permette lo sfruttamento e il dominio di certe categorie di cittadini nonché la povertà e l’esclusione di queste. La Repubblica francese acconsente a ciò, anche se sostiene il contrario. In altre parole, la solidarietà, e anche questo ha contribuito alla sua fortuna, è compatibile tanto con la democrazia a cui si rifà, quanto invece con le disuguaglianze e le esclusioni che essa mantiene e perpetua. In questo senso, la solidarietà non rientra nella stessa logica della fraternità. Sin dalle sue origini bibliche, il messaggio della fratellanza è radicalmente diverso. La fraternità indica una società genuinamente egualitaria. Indica un’uguaglianza di diritto ma soprattutto di fatto, a nome dell’eminente dignità di ogni essere umano indiscriminatamente. Una società fraterna è una società nella quale i singoli privilegi non esistono più. La fraternità potrebbe caratterizzarsi con la cura dell’altro, di ogni altro” (43).
Ad avviso di Zamagni, “la buona società non può accontentarsi dell'orizzonte della solidarietà, perché una società che fosse solo solidale, e non anche fraterna, sarebbe una società dalla quale ognuno cercherebbe di allontanarsi. Il fatto è che mentre la società fraterna è anche una società solidale, il viceversa non è necessariamente vero” (44).


Ma qual è la distinzione tra solidarietà e fraternità? Secondo Borgetto, concettualmente le cose sono chiare: mentre la fraternità postula e implica necessariamente un sentimento di amore e di amicizia verso gli altri, cioè è dotata di una carica emotiva e sentimentale, il concetto di solidarietà invece non ha necessariamente la dimensione emotiva e sentimentale paragonabile a quella che è la caratteristica principale della fraternità. Ovviamente, ciò non significa che la solidarietà debba esserne priva 45.
Sul piano dello svolgimento della vita civica osserva Baggio “due caratteristiche fondamentali qualificano la fraternità politicamente. La prima, che la differenzia radicalmente dalla solidarietà, è la sua orizzontalità: i fratelli non accettano rapporti di subordinazione ma interpretano se stessi, sempre, come pari, anche se hanno ruoli diversi. Al contrario la solidarietà, come viene comunemente intesa e praticata, può consentire anche relazioni verticali, di aiuto da parte del forte verso il debole; è chiaro che la solidarietà così intesa può essere usata per mantenere il debole nella sua condizione subordinata, dandogli l’aiuto sufficiente a garantire che egli non si ribelli. La solidarietà non mette in questione la relazione di potere; la fraternità, al contrario, non può non farlo. Lo stesso uso della solidarietà come “solidarietà orizzontale” appartiene ad una prospettiva recente, ispirata proprio dalla nozione di fraternità. La seconda caratteristica consiste nel fatto che la relazione fraterna mi fa prendere atto che esiste un altro, diverso da me, che ha strettamente a che fare con me - siamo, insieme, società - e che ha i miei stessi diritti; non dispongo di lui… devo accettarlo nella sua differenza e nel suo diritto di viverla e di svilupparla. In questo senso, la fraternità è il fondamentale principio di realtà, quello che stabilisce la verità di fatto senza la quale [...] non c’è società politica” (46).


In altri termini, la fraternità pare essere l’unica forza in grado di rimediare alle “inégalités entre les êtres”, come aveva già rilevato Aïvanhov in una prospettiva spirituale: ”L’uguaglianza è possibile soltanto grazie alla fraternità, perché gli umani non sono uguali in nessuna parte, salvo che nella dignità. E da dove giunge questa dignità? Dal fatto che sono tutti figli e figlie di Dio, dunque che sono tutti fratelli e sorelle. In quel momento non soltanto i più privilegiati sentono di appartenere alla medesima famiglia dei più poveri, ma i più poveri sentono anche che esiste in essi un valore, una dignità, che li rende uguali ai più privilegiati, e anche ai più saggi e ai più grandi geni” (47). Ha affermato recentemente Bergoglio, "possiamo esserne certi: io offendo la dignità umana dell’altro solo perché prima ho venduto la mia. In cambio di cosa? Del potere, della fama, dei beni materiali. E questo [...] in cambio della mia dignità di figlio e figlia di Dio [...]. La dignità umana è uguale in ogni essere umano: quando la calpesto nell’altro, sto calpestando la mia” (48).


Anche in una prospettiva laica si riconosce che la fraternità è la forza che può aiutare ad esprimere al meglio la propria dignità e la propria ricchezza valoriale: “la fraternità non è facoltativa, è una necessità, è un imperativo insito nei valori religiosi o laici più sacri se vogliamo che quanti si sono autoproclamati esseri umani diventino veramente tali. I redattori della Dichiarazione del 1948 ebbero l’intuito e l’ottimismo di pensare che esiste un potenziale umano che ha da realizzarsi e che la fraternità è quanto di meglio definisce e circoscrive questa speranza” (49).
La fraternità non può essere confusa, nemmeno, con la filantropia: mentre la prima, come rileva David, “est empreinte d’égalité civile et privilégie l’aspiration à plus de dignité”, la seconda ”est essentiellement élitiste et paternaliste” 50. Per rimarcare questa differenza il citato autore osserva che sul piano storico la filantropia “s’en est tenue électoralement à un système censitaire, alors que la fraternité a entraîné dans son sillage le suffrage universel” (51). La filantropia appartiene a matrici culturali e religiose diverse da quelle cristiane (52).
Vi è, infatti, una profonda distinzione tra filantropia e azione gratuita nella prospettiva della fraternità cristiana: la specificità della gratuità “è la costruzione di particolari legami fra le persone. Laddove l’organizzazione filantropica fa per gli altri, l’agire gratuito fa con gli altri. È proprio questa caratteristica che differenzia l’azione autenticamente gratuita, dalla beneficenza privata, tipica della filantropia. Infatti, la forza del dono gratuito non sta nella cosa donata o nel quantum donato, così è invece nella filantropia, tanto è vero che esistono le graduatorie o le classifiche di merito filantropico, ma nella speciale cifra che il dono rappresenta per il fatto di costituire una relazione tra persone [...] mentre la filantropia genera quasi sempre dipendenza nel destinatario dell’azione filantropica, l’azione gratuita genera invece reciprocità” (53).
Nel romanzo di Malreaux, La Speranza, un contadino spagnolo, sofferente per le umiliazioni e le offese che riceveva dal suo datore di lavoro (proprietario terriero), spiega a un “intellettuale” che il contrario di umiliazione e disprezzo non è uguaglianza, ma fraternità (54). Queste parole esprimono con efficacia il nesso tra dignità umana e fraternità.

3. Le relazioni di interdipendenza tra i popoli e i valori di universalità.

“In questo periodo in cui la nostra civiltà rischia di implodere a causa dell’uso patologico delle sue risorse di base, sembra davvero ora di prendere in considerazione un nuovo paradigma basato sul sentimento di unità e sul rispetto degli altri”

 

3.1. Come abbiamo già osservato, la globalizzazione ha acuito le relazioni di interdipendenza tra i singoli, i popoli e gli Stati. La globalizzazione fa si che si percepiscano in modo sempre più intenso i nessi di interdipendenza sul piano economico e politico tra gli Stati e ciò, purtroppo, aumenta il divario tra gli Stati nella misura in cui quelli con limitata capacità di autodeterminazione incontrano molte difficoltà a mettersi al passo degli Stati più progrediti. Il modello dell’interdipendenza da solo non giunge a mantenere la pace nel sistema, di qui l’importanza della fraternità in quanto essa esclude l’egocentrismo, l’irresponsabilità e punta al bene comune, alla cooperazione nel rispetto del principio di sussidiarietà (55).


In conseguenza del principio dell’interdipendenza “nulla di ciò che è accaduto, sta accadendo o accadrà altrove può essere a priori ritenuto ininfluente qui ed ora. Anche all’attore quotidiano tale principio si presenta con evidenza in occasione di eventi drammatici, come le calamità naturali, le crisi economiche e finanziarie, la paura generata dal terrorismo” (56). L’interdipendenza produce conseguenze sulla vita quotidiana di noi tutti: ”ogni fatto che accade alla Borsa di New York o a Bagdad si ripercuote in tutto il mondo [...] ogni mattina ciascuno di noi prende un tè che viene dall'India o un caffè che proviene dalla Colombia, oppure indossa un maglione fatto a Taiwan con una maglietta di cotone egiziana o indiana; si ascoltano le informazioni su una radio fabbricata in Giappone e tutto il giorno, in qualche modo, viviamo senza saperlo una vita planetaria. Siamo come un momento di un ologramma dove ciascuno porta con sé il microcosmo. Ma malgrado tutto ciò, non abbiamo il senso di questa solidarietà” (57).


Interdipendenza significa, osserva Bauman, “che tutti dipendiamo l'uno dall'altro. Qualunque cosa accada in un luogo può avere conseguenze globali. Con le risorse e le conoscenze acquisite, le azioni di ogni essere umano percorrono enormi distanze nello spazio e nel tempo. Ciò che facciamo (o ci asteniamo dal fare) può influenzare le condizioni di vita (o di morte) di persone in luoghi che non visiteremo mai o di generazioni che non conosceremo. Questa è la condizione in cui, più o meno consapevolmente, costruiamo la nostra storia comune... Essendoci liberati della maggior parte dei limiti spazio-temporali che confinavano il potenziale delle nostre azioni al territorio che potevamo sorvegliare, non possiamo sottrarre noi stessi, né chi è condizionato dal nostro comportamento, alla rete globale della dipendenza reciproca” (58).
L’interdipendenza ha implicazioni anche sull’organizzazione degli stessi Stati in quanto potrebbe favorire un assetto cosmopolita: “Il sistema internazionale è composto dall’aggregazione di Stati sovrani. Si chiama sistema perché appunto i vari componenti sono legati fra di loro da un normale processo d’interdipendenza. Tenendo conto della realtà attuale si afferma che nessuno Stato può rinchiudersi su se stesso. Sono numerosi gli studiosi di politica, di sociologia politica, di economia, di diritto internazionale [che vedono] nell’interdipendenza uno strumento in grado di creare le condizioni per accrescere le ragioni della pace e della sicurezza internazionale. L’interdipendenza presuppone un insieme di legami, rapporti socioeconomici, culturali e politici che fanno sì che i comportamenti di uno dei componenti hanno conseguenze su tutto il sistema. Nell’interdipendenza gli uni devono contare sugli altri” (59). Non a caso, il “diritto fraterno affacciatosi timidamente nell’epoca delle grandi rivoluzioni ritorna oggi a riproporsi in una epoca che vede logorarsi la forma statale delle appartenenze chiuse” (60).
Alcuni si auspicano, infatti, il passaggio dal diritto internazionale degli Stati sovrani ad una “qualche forma di diritto cosmopolita” che si prenda cura delle questioni dell'ambiente, dello sviluppo, della pace e della guerra, ovvero delle questioni che superano le frontiere degli Stati ed esigono un superamento della logica meramente individualista di interesse riferita a persone, gruppi, classi o Stati (61).
Beck sostiene che stiamo già subendo in via di fatto una sorta di cosmopolitizzazione inconsapevole: “la prospettiva nazionalistica, che equipara la società con i cittadini della nazione stato, ci rende ciechi davanti al mondo in cui viviamo. Per poter afferrare la correlazione tra popoli e popolazioni di tutto il globo, occorre innanzitutto una prospettiva cosmopolita. Il comun denominatore del nostro pianeta così densamente popolato è la "cosmopolitizzazione", che sta a indicare l'erosione dei confini che si frappongono tra mercati, stati, civiltà, culture e non da ultimo tra le esperienze di vita dei vari popoli. Il mondo non ha perduto certamente le sue frontiere, ma questi tracciati si fanno sempre più sfocati e indistinti, e diventano permeabili al flusso di informazioni e capitali... A mio avviso, è importante che la cosmopolitizzazione non avvenga... al di sopra della testa delle persone, ma che prenda corpo nella vita di tutti i giorni degli individui” (62).
L’idea di interdipendenza e il bisogno di uno “diritto cosmopolita” non sono nuovi, come abbiamo già evidenziato. Ad esempio, Kant ”introduce lo ius cosmopoliticum non solamente come una mera esortazione etica, ma quale principio autenticamente giuridico. Per lui, è la stessa natura del creato che induce all’interdipendenza, perché la forma sferica della terra non consente a nessuno di isolarsi veramente, e per quanto si tenti di allontanarsi da qualcuno il risultato non potrà essere che avvicinarsi ad altri. È per questo, osserva Kant, che gli uomini si trovano «in un perpetuo rapporto di ognuno con tutti gli altri», per cui «il male e la violenza commessi in un punto del nostro globo, vengano avvertiti anche in tutti gli altri». Al principio dell’interdipendenza si accompagna il conseguente argomento che i beni e gli interessi di tutti e di ciascuno sono necessari per il perseguimento del proprio. Potremmo definirlo come principio del comune destino: esso afferma che le determinazioni sostantive dei beni perseguiti da attori, gruppi e comunità entrano in un rapporto organico fra loro. Per cui ogni determinazione del fine/bene perseguita da un attore, un gruppo, una comunità, non può esulare dalla considerazione sulle possibilità di realizzazione dei fini/beni di ogni altro” (63).
Evidentemente, la cancellazione delle barriere non produce automaticamente effetti benefici e può accadere, infatti, che “via via che scompaiono le barriere tra gli uomini, si moltiplicano gli antagonismi mimetici. La caduta dei muri divisori, che credevamo fosse l’inizio di una storia di pace, ha dato luogo, nel mondo contemporaneo, alla funesta oscillazione tra un’omologazione che annulla le differenze e viola le identità, e una reazione nazionalista e fondamentalista che, per difendere la peculiarità della propria, la contrappone alle altre” (64).
Recentemente, Bergoglio ha ricordato che “il numero sempre crescente di interconnessioni e di comunicazioni che avviluppano il nostro pianeta rende più palpabile la consapevolezza dell’unità e della condivisione di un comune destino tra le Nazioni della terra. Nei dinamismi della storia, pur nella diversità delle etnie, delle società e delle culture, vediamo seminata così la vocazione a formare una comunità composta da fratelli che si accolgono reciprocamente, prendendosi cura gli uni degli altri. Tale vocazione è però ancor oggi spesso contrastata e smentita nei fatti, in un mondo caratterizzato da quella “globalizzazione dell’indifferenza” che ci fa lentamente “abituare” alla sofferenza dell’altro, chiudendoci in noi stessi. La globalizzazione [...] ci rende vicini, ma non ci rende fratelli” (65).
L’interdipendenza ha comunque il pregio di mettere in luce la natura relazionale della nostra coscienza e delle forze che governano la terra: ”parliamo in continuazione di accesso e inclusione in una rete globale di comunicazione, ma parliamo molto meno del perché, esattamente, vogliamo comunicare gli uni con gli altri su una scala così planetaria. Si avverte la grave mancanza di una ragione generale per cui miliardi di esseri umani dovrebbero essere sempre più connessi. Qual è lo scopo di tutto ciò? Le sole, deboli spiegazioni finora offerte sono la condivisione di informazioni, l'intrattenimento, gli scambi commerciali avanzati e la velocizzazione della globalizzazione economica [...] il punto è che l'aumento della connettività ci sta rendendo sempre più consapevoli di tutti i rapporti che compongono un mondo così complesso e vario. Una nuova generazione sta cominciando a vedere il mondo sempre meno come un deposito di beni da espropriare e possedere, e sempre più come un labirinto di relazioni cui accedere” (66).
L’interdipendenza rinnova la percezione di una unione anche di matrice organicistica (su cui torneremo in seguito) tra i popoli e tra le persone: “Se la necessaria interdipendenza degli uomini nella vita sociale è un dato evidente, la scienza ha dimostrato, a sua volta, soprattutto con Louis Pasteur e le sue scoperte scientifiche, che tutti gli organismi viventi sono parti di una più ampia e complessa struttura a cui ognuno è necessario non meno di ciascun altro, ulteriore conferma dell’idea che l’uomo non è mai libero da vincoli nei confronti dei suoi simili e non può più essere pensato come una monade autosufficiente all’interno di un corpo sociale sempre più complesso e articolato. L’interdipendenza diviene, perciò, la novità scientifica socialmente rilevante: la definizione dei bisogni del singolo è possibile solo in riferimento alle molteplici relazioni che egli intesse nella società. Riconoscere un legame forte e normativo tra gli individui ne preserva l’integrità e i diritti, perché ne rispetta la reale esistenza, ma soprattutto preserva l’ordine, ora fondato sulla necessità e sul vantaggio dello stare insieme” (67).
La percezione dell’accresciuta interdipendenza conduce a riflettere anche sull’universalità quale caratteristica coessenziale della fraternità. L’appello alla fraternità è, infatti, anche un appello alla fraternità universale, giacché la fraternità per essere tale non può che essere universale, cioè essa non può non implicare l’unione di tutti i popoli. Nella storia passata abbiamo già sperimentato fraternità parziali, cioè riferite a un parte e non al tutto e queste non si sono rivelate risolutive dei conflitti (modulo 2). Parimenti, il ricorso a semplici modelli di coordinamento tra Stati separati non può ritenersi sufficiente in ragione del perdurare al loro interno dei germi di separatività. Non appare risolutiva la semplice riduzione dei poteri delle sovranità statali a vantaggio di istituzioni politiche di global governance.
Si è rilevato che “limitarsi alla riconfigurazione, pur importante e per molti versi indispensabile, della governance solo nel senso di un allargamento degli attuali organismi o degli attuali «formati» (dal G8 al G14, al G16 o al G20) risponderebbe solo ad una parte del problema... Oggi si parla della necessità di rifondare le istituzioni finanziarie multilaterali; ma si parla assai meno... dell’esigenza di rivedere profondamente anche le Nazioni Unite ed il loro sistema di governo, in senso più paritario, rappresentativo, democratico… Il mondo ha bisogno di ampliare i canali di partecipazione e di responsabilità, a livello di istituzioni internazionali, a livello di governi, a livello di una cittadinanza attiva che non resti confinata negli ambiti nazionali. La fraternità ci suggerisce un progetto di unità nella distinzione, l’idea cioè di un’Autorità mondiale a carattere pluralista e a diversi livelli di sussidiarietà” (68).
Osserva Attali che è “la prima volta che succede nella storia: ci ritroviamo in un mondo senza governo. La globalizzazione dei mercati non si è accompagnata alla globalizzazione del diritto. Questa è la fonte dei nostri malanni... Un giorno l'umanità capirà che la strada più vantaggiosa è quella di costituire un governo democratico del mondo, che superi gli interessi delle nazioni più potenti, protegga l'identità di ogni cultura... È interesse generale dell'umanità. Pensare ad un governo mondiale non è illusorio; la storia ha molta più immaginazione di qualsiasi romanziere. Bisogna senza dubbio attendere che catastrofi di ordine finanziario, ecologico, demografico, sanitario... facciano capire agli uomini che i loro destini sono comuni. Essi prenderanno allora coscienza delle minacce sistemiche che hanno di fronte” (69).
3.2. Malgrado queste gravi problematiche e forse anche grazie ad esse, la fraternità è andata acquisendo nel corso della storia, “un significato universale, arrivando ad individuare il soggetto al quale essa può pienamente riferirsi: il soggetto “umanità”, l’unico che garantisce la completa espressione anche agli due principi, di libertà e di uguaglianza” (70). Anche la Lubich ha sottolineato che “conoscendo innumerevoli persone, gruppi, popoli, ho constatato che la tensione all’unità, alla fraternità è un’aspirazione insopprimibile che va facendosi strada. Ho scorto dovunque il progredire dell’umanità, un passo dopo l’altro, fino a poter affermare che la sua storia altro non è che un lento, eppure inarrestabile cammino verso la fraternità universale. Ma si tratta di un cammino che va accompagnato e sostenuto“ (71). La fraternità, osserva Aïvanhov, per essere tale deve essere universale e deve, logicamente e necessariamente, convergere verso unico centro e per tale ragione occorre arrivare ad una Pan-Terra cioè ad unica famiglia (72). Anche Rajendra Pachauri, Nobel 2007 per la pace, sostiene che “siamo un unico universo, siamo un’unica famiglia” (73). Morin propone nella sua prospettiva l’unione umana quali cittadini della Terra patria o quali cittadini della società-mondo (74). Per Rifkin “la predisposizione all'empatia che fa parte della nostra biologia è un'opportunità per riunire sempre più la razza umana in un'unica famiglia allargata, cosa che richiede un continuo esercizio” (75).
Leonardo Boff invita “a prendere coscienza che viviamo una nuova tappa della storia dell’umanità e della Terra stessa: la tappa planetaria. Con essa diventa chiaro che tutti abbiamo un destino e un futuro comuni. Dobbiamo, come sottolinea la Carta della Terra, «formare un’alleanza globale per prenderci cura gli uni degli altri e del pianeta, se non vogliamo rischiare la nostra stessa distruzione e quella della diversità della vita». L’ethos da costruire deve tener conto della prospettiva basilare della mondializzazione così come ci viene presentata dalla nuova cosmologia... La Terra appare come una totalità fisico-chimica, biologica, socio-antropologica e spirituale, una e complessa” (76).
In questo periodo in cui la nostra civiltà rischia di implodere a causa dell’uso patologico delle sue risorse di base, sembra davvero ora di prendere in considerazione, osserva Michtel, un nuovo paradigma basato sul sentimento di unità e sul rispetto degli altri: “una simile trasformazione merita tutti gli sforzi necessari. La mia opinione è che il prossimo passo nella nostra evoluzione sia quello che implica la scelta e la scoperta della personale ricompensa insita nel comportamento altruistico. L’unità degli esseri viventi è riconosciuta ai più profondi livelli della cosmologia. Questa unità ci impone di comprendere che tutti noi, su questo pianeta, o risolviamo questi problemi insieme, o insieme moriremo” (77).
Nel lontano 1552 il giovane Étienne de La Boétie, amico di Montaigne, presentava il valore dell’unità degli uomini nei seguenti termini: “la natura ci ha fatto tutti di una medesima forma, e come sembra col medesimo stampo, affinché noi ci si riconosca scambievolmente tutti compagni o meglio fratelli. Le persone devono vivere aiutandosi vicendevolmente, perché la natura non ha inteso porre gli uomini in questo mondo come in un campo di battaglia, come briganti armati... non voleva farci uniti tutti, ma tutti uno“ (78). Nessuno, dunque, come affermava Nelson Mandela, è nato schiavo, né signore, né per vivere in miseria, ma tutti siamo nati per essere fratelli.
Finché non lavoriamo per la fraternità universale, osserva Aïvanhov, lavoriamo contro di noi perché non sviluppiamo la nostra vera natura: “perché siamo venuti sulla terra? Per imparare a vivere come fratelli di tutti gli uomini. Se attraverso le nostre varie attività non ci sforziamo di comportarci correttamente con gli altri, per comprenderli, aiutarli e sostenerli, non solo rendiamo loro la vita difficile, ma danneggiamo anche la nostra” (79).
Martin Luther King affermava: “ho il sogno che un giorno gli uomini si renderanno conto che sono stati creati per vivere insieme come fratelli; e che la fratellanza diventerà l’ordine del giorno di un uomo di affari e la parola d’ordine dell’uomo di governo” (80). Anche Gandhi nella stessa direzione sosteneva: “la mia missione non è semplicemente la fratellanza dell’umanità indiana. Ma attraverso l’attuazione della libertà dell’India, spero di attuare e sviluppare la missione della fratellanza degli uomini” (81).
L’aspirazione a un’età di pace e di giustizia non è stata, dunque, fagocitata dagli insuccessi delle organizzazioni politiche e religiose. Oggi molti hanno compreso che il ricorso alla violenza verbale, fisica, psichica, nelle sue variegate forme, non può generare un mondo migliore e in ragione di ciò le diverse aspirazioni alla fraternità convivono quasi pacificamente. Anche se deboli sono ancora i segni di unione fra le molteplici voci.
Se aderiamo a questi appelli secondo i quali la fraternità corrisponde a uno stato ragionevole da raggiungere, allora, certamente occorre impegnarci e non attendere il cambiamento dagli altri. Questo percorso di fraternità deve fattivamente partire dallo sforzo individuale. Non possiamo essere inerti e demandare ad altri: “come scrisse Norberto Bobbio: «Coloro che affermano che il mondo andrà sempre così com'è andato sinora contribuiscono a far sì che la loro previsione si avveri». Perché si possa kantianamente parlare di «progresso morale» dell'umanità è importante non solo una ortodossia, ma anche una ortoprassi di tutte quelle persone, gruppi e istituzioni che si propongono di realizzare l'ideale regolatore del Regno di Dio, di cui parlano i Vangeli o del regno dei fini come diceva Kant nel suo linguaggio secolarizzato. Dobbiamo perseverare su questo cammino, con l'ottimismo della volontà e il realismo dell'intelligenza, consapevoli che la realtà è molto più complessa e coriacea dei nostri desideri” (82).
Anche Boff-Hathaway pongono in evidenza che “la convinzione che le grandi trasformazioni siano impossibili diventa una profezia che si autoavvera. È ovvio che le attuali strutture di potere costituiscono un ostacolo concreto al cambiamento, ma uno degli espedienti con cui lo bloccano è proprio sfruttando e rafforzando il nostro senso di impotenza: il mondo può essere cambiato. Una delle ragioni principali per cui rimane com'è risiede nella profonda convinzione che nulla possa cambiare né cambierà. Si tratta di un'evoluzione del tutto nuova nella storia. Nelle epoche precedenti, il motivo per cui tutto rimaneva fermo aveva poco a che fare con le opinioni, le convinzioni e la percezione di sé” (83). Oggi l’acquisizione del consenso è un elemento fondamentale per avere il potere di governare. Ritenere che il cambiamento sia utopico o impossibile vuole dire esprimere il proprio consenso al mantenimento dell’attuale forma di convivenza.

 

 


 

1. F. Capra, Introduzione cit., p. 14.
2. Z. Bauman, Lontani e solidali, Corriere della Sera, 7 luglio 2001.
3. A.Lo Presti, L’idea di fraternità e il dibattito attuale sui fondamenti della democrazia, Seminario “Fraternidad, Democracia e Instituciones”, Pontificia Universidad Católica de Chile, 2011.
4. G.Tosi, op.cit., p. 546.
5. J. Rifkin, op.cit., p. 570.
6. O.M. Aïvanhov, La filosofia dell'universalità, Prosveta, 1996; Idem, Pensieri Quotidiani, 30 dicembre 2004, Prosveta; P. Deunov, Le livre de la Fraternité, Editions Ultima, 2010.
7. O.M. Aïvanhov, Pensieri Quotidiani, 16 settembre 2007; Idem, “L’avvento della Fraternità” in Opera omnia n. 25, Prosveta, 2005.
8. A.M. Baggio, Il principio dimenticato cit., p.16.
9. Z. Bauman, La società individualizzata, Il Mulino, 2002, p. 104. Osserva Tosi, “nonostante la forza dei vincoli di sangue, non esiste nessun “istinto naturale” che garantisca che questi vincoli siano fraterni nel senso di solidali: quante lotte intestine attraversano le famiglie, quante violenze si compiono dentro le pareti domestiche, quanti episodi di disaggregazioni si registrano in quella che dovrebbe essere la “cellula della società”. Non è per caso che la Bibbia registra, come primo atto della storia umana dopo la caduta, un fratricidio: Caino uccide il fratello Abele! E quando è interpellato da JHWH: «Dov’è Abele, tuo fratello?», egli risponde: «Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen, 4, 9-10). Caino era fratello nel senso carnale, ma non fraterno perché non si sentiva responsabile per l’altro”, G.Tosi, op.cit., p. 527.
10. M.R. Manieri, Fraternità. Rilettura civile di un'idea cit., p.10.
11. B. Mattei, Solidarité ou Fraternité cit.
12. R. Mancini, Esistenza e gratuità. Antropologia della condivisione, Cittadella, 1996, p.176.
13. F. Viola, in Forme storiche della fraternitas cit., p. 335.
14. P. Donati, Le associazioni familiari in Italia cit., p. 17.
15. A.M. Baggio, Dibattito intorno all’idea di fraternità. Prospettive di ricerca politologica, Sophia n. 1/2008, Editrice Cittanuova, pp. 71-81.
16. U. Galimberti, Politica senza identità, Repubblica, 10 aprile 2001.
17. A. Sen, La crisi economica globale? Colpa di liberismo e finanza. È tempo di giustizia e libertà, Unità, 22 maggio 2010.
18. A.M. Baggio, Fraternità o solidarietà cit.
19. S. Mazzacurati, Psicologia della Fraternità, 2010, www.stefanomazzacurati.com.
20. J.Le Goff, Fraternità: un diritto che non esiste cit.
21. G. Galeazzi, Democrazia empatica, www.meicmarche.it.
22. A.Lo Presti, L’idea di fraternità e il dibattito attuale cit.
23. O.M. Aïvanhov, Pensieri Quotidiani, 22 novembre 2005, Prosveta.
24. O.M. Aïvanhov, Seule la fraternité peut remédier aux inégalités entre les êtres, Lettres Tèmatiques, Prosveta, 2013.
25. E. Morin, Liberté, Egalité, Fraternité cit.
26. C.D. Gonthier, La fraternité comme valeur constitutionnelle cit., p. 717.
27. G. Canivet, De la valeur de fraternité cit. Osserva una giurista canadese: “On ne veut pas de liberté sans égalité. Ce serait une liberté immorale réservée seulement à quelques uns. On ne veut d’une égalité sans liberté sans le droit à la différence qui mène à une société homogénéisée. On ne veut pas non plus d’une liberté sans fraternité, sans un minimum de soutien alimentaire (de redistribution), de compassion et de participation à la gouvernance. Au bout du compte, une réflexion critique et actualisée sur la fraternité peut nous permettre d’actualiser les promesses de la liberté et de l’égalité, voir de même réaliser celles de Paix, Ordre et même… bon gouvernement” N. Desrosiers, Réflexions critiques sur les implications de la fraternité, Facultè de droit, Université dé Montreal, 2011, cisdl.org/gonthier/publications.html
28. B. Mattei, Solidarité ou Fraternité cit.
29. S. Zamagni, Principio di fraternità in economia cit. Per Zamagni “civilizzare il mercato significa comprendere che non c'è soltanto una dimensione acquisitiva, ma anche una dimensione espressiva alla base del comportamento umano. Occorre fare in modo che tutte le dimensioni dell'umano, e dunque anche quella relazionale, siano riconosciute e opportunamente valorizzate [...]. La parola chiave che oggi meglio di ogni altra esprime questa esigenza è quella di fraternità [...]. È stata la scuola di pensiero francescana a dare a questo termine il significato che esso ha conservato nel corso del tempo: che è quello di costituire, ad un tempo, il complemento e l'esaltazione del principio di solidarietà”. Osserva Martinelli che il principio di fraternità interferisce con il mercato perché questo opera sulla base della razionalità utilitaristica e della libera circolazione dei fattori di produzione, A. Martinelli, Progetto 89 cit., p. 43.
30. L. Boff - M. Hathaway, op. cit., pp. 110-11.
31. S. Zamagni, I beni comuni per il bene comune, Edizioni Casa della Cultura, 2014.
32. L. Bruni, Beni comuni, Quella virtù da riscoprire per salvarci dall’estinzione, Vita, 26 novembre 2010. Osserva questo economista che la fraternità “è un legame tra le persone, cioè un rapporto e un laccio; ma senza riconoscimento dei legami che ci uniscono gli uni agli altri non si esce dalla tragedia dei commons, che è una tragedia dovuta alla mancata consapevolezza che la vita in comune è una rete di relazioni tra persone, comunità e popoli, una rete di relazione che la globalizzazione rende sempre più fitta e intrecciata”. Cfr., infra, modulo 12/8.
33. Questa affermazione di Gonthier è riportata da G. Canivet, De la valeur de fraternité cit.
34. J. Rawls, Una teoria della giustizia, Feltrinelli, 1997, p. 61. Si è osservato che “l'impegno straordinario di Rawls è proprio questo: provare a pensare (in modo razionale) la fraternità all'interno delle istituzioni, non come elemento "esterno" ma piuttosto intrinseco ai processi politici stessi; vedendo in essa una tappa essenziale per raggiungere «mature libertà» e «solida uguaglianza», e riaprendo la riflessione sul trittico rivoluzionario e sul senso profondo che ha avuto e può avere per la filosofia politica. Introdurre inoltre l'idea di fraternità, come necessaria ed indispensabile per la realizzazione concreta dei due principi di giustizia, significa accreditarla in linea teorica e pratica come possibile categoria politica” M. Martino, La prospettiva della Fraternità nel pensiero di John Rawls, Nuova Umanità, XXXII 2010, n. 190-191, pp. 549-566.
35. F. Viola, La Fraternità nel bene comune cit., p. 141 e segg.
36. J. Rawls, Una teoria della Giustizia cit., p. 101.
37. F. Caretta, Plausibilità scientifica della fraternità, www.mdc-net.org
38. P. Ionata, Nati per amare, Città Nuova, 2006, p. 93.
39. Abraham H. Maslow, Motivazione e personalità, Armando Editore, 1992, p. 445.
40. I.M. Pinto, Costituzione e fraternità cit., p. 17.
41. Ivi, p.11.
42. O.M. Aïvanhov, “La distribuzione delle ricchezze. Comunismo e capitalismo, due manifestazioni complementari”, in La conquista Interiore della Pace, Prosveta, 1991.
43. B. Mattei, Solidarité ou Fraternité cit.
44. S. Zamagni, L’economia del bene comune, Città Nuova, 2008, p. 7.
45. M. Borgetto, La notion de fraternité en droit public français. Le passé, le présent et l'avenir de la solidarité, LGDJ-Montchrestien, Paris, 1993, pp. 7-8.
46. A.M. Baggio, Fraternità o solidarietà? cit.
47. O.M. Aïvanhov, Pensieri Quotidiani, 22 novembre 2005, Prosveta.
48. J.M. Bergoglio, Messaggio per la celebrazione della giornata mondiale della Pace cit.
49. B. Mattei, Solidarité ou Fraternité cit.
50. M. David, Le printemps de la fraternité, Paris, Aubier, 1992, p. 19.
51. Ibidem. Cfr. sul punto, anche il commento di M. Hunyadi, Dangereuse fraternité cit.
52. S. Zamagni, Fraternità, sviluppo economico e società civile cit.
53. Idem, L’economia come se la persona contasse: Verso una teoria economica relazionale, Paper 2006, Dipartimento di Scienze Economiche, Università Bologna.
54. V. Dao, André Malraux, ou, La quête de la fraternité, Droz, 1991, p.169.
55. R. Augustin, La fraternità nella prospettiva delle guerre asimmetriche cit.
56. A.Lo Presti, L’idea di fraternità e il dibattito attuale cit.
57. E. Morin, Ripensare la Politica cit.
58. Z. Bauman, Lontani e solidali cit.
59. R. Agustin, La fraternità nelle guerre asimmetriche cit.
60. M.R. Manieri, Fraternità. Rilettura civile di un'idea cit., p. 27.
61. G.Tosi, op.cit., p. 546. Questo autore aggiunge che dal punto di vista delle relazioni internazionali ci sono molti indizi del fatto che è sempre più chiara la necessità di un diritto cosmopolita: ”nella società in cui viviamo (ma anche nelle società che ci hanno preceduto) la politica è sempre stata realisticamente governata da interessi personali e di gruppo, ma proprio l'urgenza e la gravità delle questioni in gioco può "realisticamente" promuovere la necessità di una soluzione diversa. Davanti ai pericoli che minacciano la sopravvivenza dell'umanità possiamo prevedere scenari opposti: pessimisticamente o realisticamente la «lotta di tutti contro tutti» dello stato di natura hobbesiano, o il riconoscimento che stiamo sulla stessa nave e dobbiamo trovare uscite collettive che possano salvare tutti e quindi la formazione di un nuovo patto sociale mondiale per uscire dallo stato di natura che esiste fra gli Stati e fondare uno stato civile”, ibidem.
62. U. Beck, Sette tesi contro l'uomo globale, Corriere della sera, 11 dicembre 2007.
63. A. Lo Presti, L’idea di fraternità e il dibattito attuale cit.
64. G. Savagnone, Fraternità e comunicazione cit., pp. 41-99.
65. J.M. Bergoglio, Messaggio per la celebrazione della giornata mondiale della Pace cit.
66. J. Rifkin, op.cit., p. 550.
67. A. Mattioni, Solidarietà giuridicizzazione della fraternità cit., p. 33.
68. P. Ferrara, Fraternità politica e mutamento internazionale, Seminario di studi “Una governance per la crisi. Politiche di fraternità universale”, Camera dei Deputati, Sala delle Colonne, Roma, 16 marzo 2009.
69. J. Attali, Domani, chi governerà il mondo?, Fazi editore, 2012, p. 12 e segg.
70. A.M. Baggio, L'idea di "fraternità" tra due Rivoluzioni cit., pp. 217-268.
71. C. Lubich, Convegno “Città per l’unità”, Rosario 2005, www.mppu.org. Afferma la Lubich: “Come si potrebbe pensare la pace e l’unità nel mondo senza la visione di tutta l’umanità come una sola famiglia? [Occorre esprimere la spiritualità] in una nuova linea di vita, in uno stile nuovo assunto da milioni di persone che, ispirandosi fondamentalmente a principi cristiani, senza trascurare, anzi evidenziando, valori paralleli presenti in altre fedi e culture diverse… porta in questo mondo, bisognoso di ritrovare o di consolidare la pace, pace appunto e unità. Si tratta di una nuova spiritualità, attuale e moderna: la spiritualità dell’unità, ut omnes unum sint”, Discorso 17 dicembre 1996, Premio Unesco per l’Educazione alla Pace, Parigi, www.focolare.org.
72. “Per il momento si crede ancora che queste idee siano irrealizzabili. Si dice che sono utopie. Ma un giorno tutto sarà talmente realizzabile e realizzato, che tutti ne saranno stupiti. Questa idea si fa strada, si sta approfondendo ed a poco a poco tutti la accetteranno... attualmente si vedono dei grandi progetti di Pan-Europa, Pan-Asia, Pan-America, Pan-Africa. Certamente questo rappresenta un progresso gigantesco, ma in questo modo non si risolverà nulla. C’è solo la “Pan-Terra” che può risolvere tutto... cioè tutta la terra riunita in una sola famiglia. Altrimenti al posto di un paese che agisce contro un altro paese, avremo una nazione che agisce contro un’altra nazione. L’Asia contro l’Europa sarebbe meglio?” O.M. Aïvanhov, Conferenza “L’idea della Pan-Terra”, 28 novembre 1966, in Opera omnia n. 26, Prosveta. Il primo progetto moderno di una Europa unita risale al 1923, anno di pubblicazione del libro “Pan Europa” scritto da R. de Coudenhove-Kalergi.
73. Cfr. R. Pachauri, in E. Laszlo, M. Roveda, Felicità nel cambiamento, 2011, p.120 e segg., portale.lifegate.it.
74. Negli ultimi lavori, Morin impiega anche l’espressione società-mondo. Questa nozione, rileva Manghi, pone in rilievo non soltanto la dimensione storico-politica, o la dimensione politico-antropologica, ma anche la dimensione immediatamente interattivo-sociale, S.Manghi, Educarci alla Società mondo cit., p.108.
75. J. Rifkin, op.cit., p. 567.
76. L. Boff, In cerca di un Ethos planetario, www.leonardoboff.com. Il testo della Carta della Terra è stato approvato nel marzo 2000, www.cartadellaterra.it.
77. E. Michtel, Una visione dallo spazio, in Felicità nel cambiamento cit., p. 133.
78. É. de La Boétie, Discorso sulla servitù volontaria, Jaca Book, Milano, 1979: “bisogna credere che la natura, dando agli uni di più, agli altri di meno, abbia voluto porre le condizioni per un affetto fraterno che tutti potessero esercitare, avendo gli uni la forza di recare aiuto, gli altri bisogno di riceverne. Così dunque questa buona madre ha dato a tutti noi la terra da abitare, mettendoci in certo modo in un'unica grande casa, ci ha fatti tutti con lo stesso impasto così che ognuno potesse riconoscersi nel proprio fratello come in uno specchio... a tutti noi ha fatto il grande dono della parola per comunicare, diventare sempre più fratelli e arrivare tramite il continuo scambio delle nostre idee ad una comunione di volontà; ha cercato in tutti i modi di stringere sempre più saldamente il vincolo che ci lega in un patto di convivenza sociale; insomma sotto ogni punto di vista ha mostrato chiaramente di averci voluti non solo uniti ma addirittura una cosa sola”.
79. O.M. Aïvanhov, Pensieri Quotidiani, 16 febbraio 2007, Prosveta. Cfr. Idem, Verso la grande famiglia in Opera omnia n. 29, Prosveta.
80. M. L. King, Discorso della vigilia di Natale 1967, in Il fronte della coscienza, Sei, 1968, p. 2.
81. M. K. Gandhi, Antiche come le montagne, Comunità, 1970, p. 162.
82. G. Tosi, op.cit., pp. 546-547. Osserva Rawls che se “una società dei popoli ragionevolmente giusta i cui membri subordinano il potere di cui dispongono al raggiungimento di scopi ragionevoli non si dimostrasse possibile, e gli esseri umani si rivelassero per lo più amorali, se non incurabilmente cinici ed egoisti, saremmo forse costretti a chiederci, con Kant, che valore mai abbia per gli esseri umani vivere su questa terra” J. Rawis, Il diritto dei popoli, Einaudi, 2001, p. 16.
83. L. Boff - M. Hathaway, op.cit., p. 166.

 

 

Mappa cliccabile degli argomenti

PRIMA PARTE

Riflessioni storiche sul nostro travaglio collettivo e individuale

Modulo 1. Premessa storica. Riflessioni sull'evoluzione nella società delle idee laiche di solidarietà e fraternità.

SECONDA PARTE

Ricognizione del pensiero recente, maturato in tema di cooperazione e fraternità in prospettiva laica e sociale

Modulo 3. L’appello della cultura, nell’era della globalizzazione e delle interdipendenze, al valore di cooperazione, indispensabile quanto la libertà e l'uguglianza.

TERZA PARTE

La società e la Rete della vita. Riflessioni a supporto delle nostre scelte e di un possibile percorso di cambiamento verso una coscienza aperta agli interessi della collettività.

QUARTA PARTE

Ripensare le basi concettuali dell’educazione alla cittadinanza. Alle radici della questione morale...

Modulo 11 bis Il processo di adeguamento interiore alle prescrizioni civiche

QUINTA PARTE

Linee di sviluppo di nuove attitudini concrete, espressive dei valori di cooperazione, empatia...

Modulo 12. Mappa delle attitudini significative in coerenza con la visione sistemica della Vita

Attitudine a percepire la comune appartenenza alla Rete della Vita. La cura di se stessi
Attitudine alla scelta degli Ideali, pensieri e sentimenti per manifestare comportamenti civici
Attitudine alla scelta delle intenzioni
Attitudine alle relazioni empatiche. La rilevanza civica della empatia
Attitudine alla rivalutazione e alla sacralizzazione della vita quotidiana
Attitudine alla rivalutazione del corpo fisico e del suo apporto cognitivo
Attitudine a sperimentare il gusto e la pienezza della vita: la “scienza della Vita”
Attitudine a valorizzare il bene relazionale e i beni comuni
Attitudine alla rivalutazione del lavoro
Attitudine al dimensionamento dei bisogni individuali
Attitudine all'assunzione delle cariche pubbliche. L’esempio
Attitudine a relazioni improntate ai valori di giustizia
Attitudine al rispetto dell’ambiente interiore ed esteriore
Attitudine a vivere come cittadino dell’Universo