Attitudine a sperimentare il gusto e la pienezza della vita: la “scienza della Vita

    “Ogni vita richiede una scienza: la vita della pianta che vuoi coltivare... la tua stessa vita che devi sviluppare. Per vivere, bisogna saper vivere”

 

 

 

1. Coerente con la rivalutazione della nostra vita quotidiana è anche il ritornare a provare il gusto della vita: “Col passare degli anni, gli esseri umani, per la maggior parte, perdono il gusto delle cose: respirano, mangiano, camminano, vedono, ascoltano, senza che la loro coscienza prenda parte attiva a queste attività; si direbbe che la loro sensibilità sia andata affievolendosi a poco a poco. Ma ecco che qualcuno si ammala gravemente: per mesi è costretto a rimanere nell’immobilità e nell’isolamento di una camera, dove conduce un’esistenza vegetativa. Poi, un giorno, entra finalmente in convalescenza, e allora, all’improvviso, il cibo, l’aria e la luce gli appaiono deliziosi. E che gioia potersi di nuovo spostare liberamente, uscire a contemplare il cielo, gli alberi e tutta la natura, ascoltare il vento e il canto degli uccelli! Questo è il lato positivo di certe malattie. Ma è ragionevole aspettare di avere un incidente o di ammalarsi gravemente per ritrovare il gusto delle cose?” (1)

Occorre uscire fuori dal “torpore psichico” nel quale siamo caduti: “molti di noi hanno imparato a guardare e ascoltare di meno, a intorpidire i propri sensi sia rispetto al dolore, sia rispetto alla bellezza del mondo naturale, vivendo la cosiddetta vita privata […] sentendoci vuoti, proiettiamo i nostri sentimenti sugli altri o ci lanciamo in attività compulsive insoddisfacenti che non ci nutrono” (2).

Il gusto della vita ci fa provare una qualità, un sapore della vita che ci protegge dai decadimenti di varia natura che incombono a piè sospinto nella vita quotidiana. Il vivere concretamente nell’area attrattiva esercitata dai valori positivi costituisce una grande protezione, soprattutto, per gli adolescenti rispetto alle attrattive di altra natura. Piuttosto che parlare contro il disvalore, dovremmo invitare le persone a sperimentare e a vivere con il proprio organismo il gusto della Vita. Il sapore, il gusto lo possiamo provare se partecipiamo interiormente, con la nostra natura empatica e fraterna, alla vita che viviamo. Gli antichi avevano già stigmatizzato che il gustare comporta, a livello fisiologico, una trasformazione e assimilazione dell’oggetto da parte del soggetto percipiente: cioè assimilando, facendo nostre le bevande e i cibi, possiamo coglierne il sapore. Lo stesso dicasi per il piano interiore e quello cognitivo. Se non proviamo a sperimentare direttamente la sacralità della vita non ne conosceremo il sapore. La conoscenza cerebrale non può darci questo sapore, lo sappiamo; conseguentemente, non possiamo fermarci a questo stadio se vogliamo migliorare. Appare interessante riportare alcune citazioni, ancorché di matrice religiosa, che ben esprimono il nesso tra il gustare e lo sperimentare. Pensiamo ad Origene quando afferma che ogni singolo senso umano coglie l’esperienza spirituale: “Cristo si qualifica come Luce che illumina gli occhi dell’anima, come Parola per essere ascoltato; come Pane della vita per essere gustato” (3).
Pensiamo a Gregorio Magno il quale afferma: “gli eletti non si limitano ad ascoltare le parole della sapienza, ma le gustano […] una cosa è infatti limitarsi a sentir parlare di un cibo e un’altra è anche gustarlo […] gli eletti non si limitano a sentir parlare del cibo della sapienza senza gustarlo, perché ciò di cui sentono parlare acquista, grazie al loro amore, un sapore che scende fino al midollo. La conoscenza dei malvagi, invece, si limita alla percezione di un suono: sentono parlare delle virtù ma il loro cuore freddo ne ignora il sapore” (4). Questa affermazione dovrebbe farci riflettere molto sulla stoltezza della cultura “intellettualistica” posta a base, talvolta, dei sistemi formativi (cfr. modulo 11). La frase di Gregorio Magno ci richiama alla mente una analoga riflessione di Aïvanhov: certe persone non temono di lanciarsi in avventure pericolose e di provare tutti i piaceri possibili in quanto ritengono che non conoscerli sarebbe una grave mancanza; ma le stesse persone, quando si tratta delle esperienze della natura superiore, si accontentano delle sole citazioni (Budda, Mosè, Platone, Gesù …) e “non cercano più di vivere e sperimentare quanto hanno citato” (5).


A livello pedagogico dobbiamo, dunque, tener conto della importanza di provare il gusto della vita, anche perché “quando siamo guidati da una ‘morale del dovere’, vi è il rischio, rilevava Kant, che non troviamo piacere nel bene e questo lo consideriamo un fardello. Di contro, l'etica basata nella creazione e il sostegno della bellezza rende ‘l'azione giusta’ allettante e persino gioiosa… dobbiamo creare una cultura che ci renda capaci di compiere atti virtuosi con gioia” (6).


La Vita ci comunica questo “sapore” se siamo in armonia con il suo linguaggio. Scrive Damasio: “non soddisfatta del dono della semplice sopravvivenza, sembra che la natura abbia avuto un magnifico ripensamento, nel senso che la dotazione innata a disposizione degli organismi per la regolazione dei processi vitali non mira al raggiungimento di uno stato neutrale - una terra di nessuno - fra la vita e la morte. Piuttosto, obiettivo dell'omeostasi è quello di offrire uno stato di vita migliore della neutralità, uno stato che noi umani, prospere creature pensanti, identifichiamo con la buona salute e il benessere”(7) .
Se la cultura e l’educazione non trasmettono questo sapore, questo gusto della Vita, è naturale che i piaceri consumistici e materialistici prendano il sopravvento.


2. La sperimentazione del gusto della vita non è, dunque, la ricerca della cosiddetta adrenalina. Il gusto della vita è una esperienza del nostro organismo, è una qualità, una gradazione della vita che tutti abbiamo sperimentato, forse anche in pochi momenti della nostra esistenza. Le diverse gradazioni della vita le abbiamo sperimentate quando ci siamo sentiti: compressi, oppure, dilatati; sprofondati, o al contrario, elevati; leggeri, oppure, appesantiti. Quando, ad esempio, riscontriamo una sensazione di pienezza, di dilatazione interiore derivante dal sentirci parte viva e integrante dell’Universo, sperimentiamo una qualità della stessa vita suscettibile di essere rafforzata e protetta.


Per tale ragione alcuni pensatori sottolineano l’importanza di apprendere la scienza della vita intesa in senso non meramente biologico, cioè non quale semplice analisi e descrizione di ciò che accade in natura. La storia del pensiero umano conosce da secoli le interrelazioni tra le scienze umane e la scienza della vita intesa in senso stretto. Più volte nelle nostre riflessioni le abbiamo riscontrate. Ma nel nostro contesto, la parola “Vita” oggetto di studio non è la semplice vitalità, ancorché essa sia fondamentale, ma la qualità della vita che si vive quando inizia a svilupparsi dentro di noi una coscienza più ampia. Riportiamo queste efficaci e convincenti parole sulla necessità della “scienza della vita” scritte nel 1897 dal certosino J. Pollien: “Per proteggere e preservare la vita bisogna conoscerla. Com’è possibile curare ciò che non si conosce? Guarda il giardiniere… con la teoria studia, e con la pratica osserva la sua pianta, le leggi che essa segue nella sua crescita, il suolo che richiede, le cure che esige. Così acquista la scienza di giardiniere. Una volta in possesso di questa scienza, egli è in grado di proteggere e favorire la vita della sua pianta. Ma chi non sa, cosa potrà fare? Prova a coltivare una pianta che non conosci, e vedrai che la prima necessità per te sarà d’imparare, di osservare… per coltivare una pianta bisogna sapere. La scienza della vita è dunque necessaria alla vita. La scienza della vita è la cognizione delle leggi di sviluppo e delle necessità dell’ambiente: sapere come si sviluppa, sapere che ambiente richiede al fine di preservare il movimento vitale dagli errori, dalle lesioni, dalle deviazioni, dalle compressioni: tutte cose che, contrastando la vita, finiscono con ucciderla… Ogni vita richiede siffatta scienza: la vita della pianta che vuoi coltivare, quella dell’animale che vuoi allevare, la tua stessa vita che devi sviluppare. Per vivere, bisogna saper vivere” (8).


Anche per Aïvanhov, la scienza della vita è fondamentale: “Direte: «l’uomo è già vivo!» No, voi confondete la vera vita con la vitalità, la vita vegetativa. È chiaro che mangia, beve e gesticola, ma la vita ha vari gradi. Quando l’uomo comincia a sentire questa vita universale, conosce la vera vita e incomincia a viverla […] non c'è nulla che possa uguagliare o superare la vita […] dovete quindi proteggere la vostra vita, purificarla, illuminarla. La sola scienza che valga la pena di studiare è la scienza della vita. Gli uomini si esauriscono per cercare il potere, il successo, il prestigio, i soldi, e fanno della vita un mezzo per ottenere tutto quello che desiderano. Dovrebbero invece considerarla come un fine, e impiegare tutte le loro facoltà per rinforzarla, rischiararla e purificarla. Quando l'uomo mantiene la vita in sé, il suo intelletto comprende, il suo cuore ama e si rallegra, la sua volontà crea e si rafforza […]. Anche gli scienziati devono comprendere che esiste una scienza della vita, poiché la vita spirituale poggia su alcune leggi. Io li invito dunque tutti ad allargare il loro campo di investigazione” (9).
Anche lo scienziato Capra dà atto che vi sono diversi gradi di intensità della vita: “i nostri momenti spirituali sono quelli in cui sentiamo la nostra vita con maggiore intensità. Il senso di vita che avvertiamo in questo «culmine d'esperienza», come l'ha definita Maslow non riguarda soltanto il corpo ma anche la mente […] nell'esperienza spirituale avvertiamo l'unità della vita della mente e del corpo che trascende non solo la separazione di mente e corpo ma anche la separazione di Io e il mondo. Il punto culminante di questi momenti spirituali consiste in un profondo senso di unità con il Tutto, un senso di appartenenza all'intero universo […] la nuova concezione scientifica della Vita è in grado di rendere ragione di questo senso di unità con il mondo naturale” (10).

 

3. Il gusto della Vita non si esaurisce in momenti meditativi. Il gusto della Vita si sperimenta, agevolmente, quando si vivono con consapevolezza i vari momenti sorgivi della nostra esistenza e si destano in noi meraviglia (11), gratitudine verso tutto ciò che ci circonda, nonché il bisogno di partecipare con una nostra impronta creativa, cooperativa ed empatica, a tutta la nostra vita di relazione. D’altronde, lo abbiamo già osservato: il sapiente è colui che coglie il sale della vita, assaporando il gusto della vita e coinvolgendo, con il suo esempio, altri esseri sul suo stesso percorso (cfr. modulo 11).
Dobbiamo, dunque, vincere le abitudini e gli automatismi che ci impediscono di vivere con consapevolezza i frequenti e significativi momenti sorgivi: quando iniziamo la giornata, quando ogni giorno vediamo il Sole presentarsi ai nostri occhi, quando guardiamo per la prima volta un essere visto già migliaia di volte, quando ogni giorno iniziamo a nutrirci, etc.
L’arte dei momenti sorgivi è densa di stupore, umiltà, nobiltà e ispiratrice di comportamenti più equi e gratificanti. La scienza della vita studia come proteggere e sviluppare in noi queste qualità, questa intensità della vita.
L’attenzione ai momenti sorgivi della Vita deve farci riflettere, ad esempio, sul fatto elementare che la nostra Vita sul nostro pianeta dipende dal Sole. Già Leonardo aveva riconosciuto che “l’energia che guida i cicli biologici di crescita e rinnovamento, vita e morte, proviene dal Sole (12) . I cicli della vita nel mondo naturale e la potenza vivificante del Sole furono le fondamentali caratteristiche della vita che Leonardo osservò e studiò” (13). Ma noi riflettiamo su tutto ciò, soprattutto, quando dobbiamo acquisire energie solari da consumare per le nostre attività, preferendo rifuggire da un approccio di gratitudine e consapevolezza.


Abbiamo preferito immaginare una Natura muta e vuota al fine di poterla depredare, senza incorrere in rimorsi di coscienza. Anche questo approccio puramente utilitaristico andrebbe superato, vincendo, definitivamente, atavici pregiudizi sulla coscienza della Natura e dell’Universo (14) . Pregiudizi derivanti da interpretazioni paludate fornite nel passato anche in alcuni ambienti religiosi, ma non condivise da tanti mistici. Scrivono Boff e Hathaway che “tutti i biografi di San Francesco attestano lo straordinario affetto [di Francesco] per tutte le creature; lo riempiva di una gioia mirabile e indicibile quando guardava il Sole o la Luna o le stelle del firmamento” (15).

Eppure, al fine di evitare qualsivoglia confusione con il paganesimo ovvero con tradizioni locali legate al culto delle forze della natura, abbiamo addirittura preferito recidere i legami vivi con la Natura (16). Rifkin evidenzia, infatti, che le narrazioni di alcune religioni sono rimaste per lungo tempo “disincarnate ed extramondane, tagliando fuori così l'estensione empatica, la ricerca di comunione tra gli esseri e l'immanenza di Dio nel cosmo” (17). Ma queste interpretazioni non appaiono più in sintonia con le nostre sensibilità e le acquisizioni scientifiche.

Abbiamo coltivato per troppo tempo una visione antropocentrica che nei fatti ha fornito la legittimazione culturale a una visione e a una economia materialistica (18). Abbiamo coltivato, soprattutto, in occidente, per secoli, l’idea di una natura meccanica, priva di sacralità e di anima, soggetta al nostro legittimo sfruttamento. Affermazioni in senso contrario, erano considerate da taluni, con molta superficialità, quali manifestazioni di idolatria e di panteismo. Anche se occorre riconoscere che nel passato l’adesione alla natura poteva costituire, se intesa come adesione alla vita istintiva, un fattore di resistenza da parte degli strati sociali più semplici ad accettare una eventuale azione educativa di orientamento etico. Questo è vero: talvolta le tradizioni locali nutrivano il culto delle forze di natura, congiuntamente alla libera manifestazione degli “istinti naturali”. Ma detta circostanza storica non deve condurci a negare l’evidenza e a rifiutare una cosmologia “vivente e vitale” quale quella, ad esempio, recepita dalla Carta della Terra (19). La spiritualità cristiana, osservano Boff e Hathaway, può, infatti, essere ben integrata nel paradigma ecologico (20).
Se non nutriamo relazioni vive e autentiche con la Natura, impediamo a noi stessi di provare stati di pienezza interiore, come ha precisato Aïvanhov (21). Anche Maturana, nello stesso senso, ha osservato che “in Europa, che è la nostra fonte culturale, prima del patriarcato si viveva in armonia con la natura, nel piacere della conformità con il mondo naturale, nello stupore della sua bellezza, e non in lotta con la natura. A che scopo educare? Per recuperare questa fondamentale armonia che non distrugge, che non sfrutta, che non abusa, che non pretende di dominare il mondo naturale, ma che vuole conoscerlo nell'accettazione e nel rispetto, affinché il benessere umano si produca nel benessere della natura nella quale si vive” (22).
Lo scienziato Carlo Remigio Rossi, nel ricostruire la catena della vita, dopo essersi soffermato sulle cellule vegetali che captano l’energia della luce del Sole e sugli ulteriori processi trasformativi, conclude la sua riflessione con queste parole: “il mio Pensiero si esprime nella parola o nella scrittura utilizzando il potenziale elettrochimico transmembrana cellulare dei neuroni. Le grandi opere del Pensiero, la musica, la pittura, l’arte sono espresse tramite il potenziale elettrochimico transmembrana neuronale che viene dalla luce del Sole. Con il potenziale elettrochimico transmembrana vi ho comunicato la Vita delle cellule, e le cellule, con la loro straordinaria e armonica complessità intesa a dare a noi la vita, vi hanno parlato di Dio. La vita delle cellule: una piccola corrente elettrica dalla Luce del Sole al pensiero. Guardo stupito. Ammirato, commosso…”(23) .
Ma se è vero che le cellule e la Natura ci parlano di Dio, occorre ammettere che è parimenti vero che il Sole, con la sua “potenza vivificante”, a maggior ragione, deve contenere, logicamente, un Suo elevato messaggio a noi destinato: infatti, “de Te Altissimo porta significatione” affermava San Francesco nel suo famoso cantico. Se è bello e poetico contemplare un fiore, la vetta di una montagna, una cascata, perché, allora, non dovrebbe essere altrettanto arricchente contemplare il Sole al suo sorgere? Il fatto che nel passato il Sole sia stato oggetto, talvolta, di culto fine a se stesso, non è un motivo intelligente per rifiutarne oggi il suo valore sapienziale, soprattutto, nel quadro della cosmologia “vivente e vitale” prima richiamata. Analogamente, il fatto che l’idea di Dio sia stata impiegata da taluni per provocare la morte non è una ragione intelligente per non credere in Dio. Ma dovremmo anche chiederci nell’ambito di una riconciliazione onesta con la Natura, come può non essere ritenuta cosciente quella energia che, come sopra evidenziato dallo scienziato Rossi, ci permette di pensare e di parlare (24).

 

Non a caso, per molti la contemplazione del sorgere del Sole è una tra le modalità più significative in grado di ripristinare il collegamento tra noi e la “potenza vivificante” della Natura (25). Beninteso, non quale pratica di culto, e ciò è importante sottolinearlo onde non ingenerare equivoci (26). In effetti, lungi dall’essere manifestazione di una concezione panteista, la contemplazione del sorgere del Sole, in questo approccio, esprime il profondo desiderio di cogliere e ricevere quella “Significatione” al fine di portarla nella propria esistenza quotidiana. In questa prospettiva, il Sole è concepito non come realtà alternativa o identica al Creatore. Peraltro, Filone Alessandrino, aveva scritto che tutte le opere che ci circondano sono creature di Dio e sono anche poemi e messaggi per l’umanità (27). D’altronde, l’espressione francescana “di Te porta Significatione” dovrebbe essere letta in questa direzione. Anche nei testi sacri è presente l’idea della “Natura”depositaria di significati. Certamente, questa presenza divina nella Natura non significa identità panteistica tra creato e Creatore (28).

Il timore di legittimare antichi culti pagani ci ha, talvolta, indotti nell’errore di porre nell’ombra la ricchezza reale della Natura di cui abbiamo bisogno per il nostro sviluppo etico (29). Vi era il timore, rivelatosi oggi infondato, che l’attenzione alla coscienza della Natura, e in particolare al Sole, potesse comportare una svalutazione della religiosità e una deminutio del potere religioso e dei suoi riti. Oggi questi timori fanno parte di un passato lontano. Non possiamo perpetuare l’errore di ritenere Madre Natura, priva di anima, e di rimuovere la presenza del Sole dalla stessa Natura. Il Sole con il quale siamo già naturalmente connessi nella comune Rete della Vita, può risvegliare in noi il nostro archetipo luminoso (30). Riprendere i contatti vivi con la Natura, entrare in relazione con i suoi “Significati”, contemplarne la sua bellezza e purezza, può solo renderci uomini migliori e può spingerci non verso il culto delle forze o la liberazione degli istinti, ma, al contrario, ad assumerci le nostre responsabilità e a esprimere la nostra vera Natura fraterna, empatica e cooperativa, in sintonia anche con la “Significatione” oblativa del Sole (modulo 12.14).

 

 

 

1. O.M. Aïvanhov, Pensieri Quotidiani, 30 aprile 2014, Prosveta.
2. S. Conn, Ecopsychology: restoring the Earth, healing the self, 1985, citato da L. Boff - M. Hathaway, op.cit., p. 198.
3. Cfr. Origene, Commento al Cantico II, 167, 25. I corsivi nel testo sono nostri.
4. Gregorio Magno, Moralia, 11, VI, 9. I corsivi nel testo sono nostri.
5. O.M. Aïvanhov, Pensée du 10 février 1982, Prosveta.
6. L. Boff - M. Hathaway, op.cit., p. 506.
7. A. Damasio, Emozione e coscienza cit., p. 49.
8. J. Pollien, Soyez chrétiens, 1897, pubblicato in italiano da Marietti editore, 1964.
9. O.M. Aïvanhov, Pensieri Quotidiani, 17 novembre 2005, Prosveta.
10. F. Capra, La scienza della vita cit., pp. 114-115. Di queste riflessioni Capra è debitore allo psicologo D. Steindl-Rast autore di Spirituality as Common Sense” cfr. ivi, p. 114.
11. “Ma la meraviglia... non va confusa con lo sbalordimento di fronte a uno spettacolo fuori dell’ordinario. Essa è, piuttosto, l’atteggiamento di chi guarda con occhi limpidi la realtà. Nel prodigio di questo sguardo nuovo che si apre sul mondo, quel che più profondamente suscita meraviglia è proprio l’ordinario, ciò che da sempre stava davanti a noi e che forse proprio per questo era diventato invisibile”, G. Savagnone, Theoria. Alla ricerca della filosofia, La Scuola, 1991, p. 84.
12. P. Santoianni, “Sole”, Universo del Corpo, Enciclopedia Treccani, 2000.
13. F. Capra, L’anima di Leonardo cit., p. 326.
14. Cfr. R. Sheldrake, Le illusioni della scienza cit. Cfr. O.M. Aïvanhov, Conférence “Le paganisme et le christianisme”, 3 mai 1947, Prosveta; Idem, Natura naturale e natura antinaturale, in La chiave essenziale cit.
15. L. Boff - M. Hathaway, op.cit., p. 563.
16. O.M. Aïvanhov, Pensieri Quotidiani, 26 marzo 2005, Prosveta.
17. J.Rifkin, op.cit., p.159.
18. Sta emergendo una nuova scienza, afferma Rifkin “i cui assunti e principi operativi sono più adatti al pensiero reticolare. La vecchia scienza considera la natura come oggetto; la nuova come relazione. La vecchia scienza è caratterizzata da distacco, espropriazione, dissezione e riduzione; la nuova da impegno, condivisione, integrazione e olismo. La vecchia scienza mira a rendere la natura produttiva; la nuova a renderla sostenibile. La vecchia scienza cerca il potere sulla natura; la nuova una partnership con la natura. La vecchia scienza premia l'autonomia dalla natura; la nuova la partecipazione alla natura. La nuova scienza ci porta da una visione colonialista della natura come nemico da saccheggiare e schiavizzare a una visione della natura come comunità da nutrire” op. cit., p. 555.
19. L. Boff - M. Hathaway, op.cit., p. 508 e segg.
20. Ivi, p. 536 e segg. Nel quadro di questo rinnovato pensiero circa le relazioni tra l’uomo e la natura si fa spesso uso della parola “Panenteismo” (da non confondere con il panteismo) con la quale si vuole esprimere l’idea che Dio è sì nel cosmo ma non può essere identificato con il Cosmo, cioè il Creatore non è identico al creato, ivi, p. 547. Rifkin riporta (op.cit., p. 159) la seguente definizione di Borg: “Il panenteismo è un modo di pensare a Dio tanto come immanente quanto come trascendente. Per il panenteismo, Dio non è un essere «che sta là». La radice greca della parola indica il suo significato: pan significa «tutto»; en significa «dentro»; e theos significa «Dio». Dio è più di tutto (quindi è trascendente) ma tutto è in Dio (quindi Dio è immanente). Per il panenteismo, Dio è «proprio qui», anche se non è solo «proprio qui»“ M.J. Borg, The God We Never Knew: Beyond Dogmatic Religion To A More Authenthic Contemporary, Harper Collins, 1998.
21. O.M. Aïvanhov, Conférence “La plenitude”, 3 mai 1947, Prosveta. Cfr. Idem, Regole d’oro per la vita quotidiana cit. Cfr. Idem, La natura naturale e la natura antinaturale in La Chiave essenziale cit.
22. H. Maturana, Emozioni e linguaggio cit., p. 39.
23. C. R. Rossi, La vita delle cellule cit. Una affermazione analoga è attribuita ad Albert Szent-Györgyi (premio Nobel per i suoi studi sulla vitamina C): “ciò che sostiene la vita… è una piccola corrente elettrica di luce mantenuta dal Sole“.
24. Ogni cosa, rilevano Boff e Hathaway, ogni entità, dalla particella subatomica alle galassie, partecipa, in qualche misura della coscienza della vita: “la differenza tra lo spirito di una montagna e lo spirito umano non è di principio, bensì di grado” op.cit. p. 534. “Per le persone istruite, nel mondo del lavoro, degli affari e della politica, la natura è meccanicistica, una fonte inanimata di risorse naturali, sfruttabile per lo sviluppo economico: le economie moderne sono costruite su questo fondamento. Ma spesso quelle stesse persone in privato hanno un atteggiamento del tutto diverso […] i bambini vengono spesso allevati in un'atmosfera animistica di fiabe, animali parlanti e trasformazioni magiche […]. La natura viene fortemente identificata con la campagna, in opposizione alla città e in particolare con i luoghi selvaggi e incontaminati. Molte persone che vivono in un ambiente urbano sognano di spostarsi in campagna [...] la nostra relazione privata con la natura presuppone che sia viva [...]. Questa divisione fra razionalismo pubblico e romanticismo privato fa parte del modo di vivere occidentale da generazioni, ma sta diventando sempre più insostenibile. Le nostre attività economiche non sono separate dalla natura, bensì influenzano l'intero pianeta. La nostra vita privata e pubblica sono sempre più intrecciate” R. Sheldrake, Le illusioni della scienza cit., pp. 12-13. Molte persone, aggiunge Sheldrake, che hanno animali domestici danno per scontato che il loro cane, il loro gatto, il loro pappagallo o il loro cavallo abbiano esperienze soggettive, cioè emozioni, desideri e paure. Poi quando devono pronunciarsi sulla realtà delle loro esperienze soggettive, sono materialisti, ivi, p. 313.
25. Cfr. O.M. Aïvanhov, Meditazioni al sorgere del Sole, 2000, Prosveta. Lo scienziato R. Sheldrake, ad esempio, riconosce che il sistema solare potrebbe essere cosciente: ”Sì, certo, lo penso. E se un sistema come quello del Sole è cosciente, allora potrebbe avere anche degli scopi… penso che tutto il sistema solare sia sotto l'influenza del Sole, come credo tutti sappiano, del suo campo elettromagnetico. Se il Sole è in realtà cosciente, la sua coscienza pervade completamente tutto il sistema solare e la nostra coscienza… In questo senso siamo strettamente connessi. Questo scienziato precisa: ”rispetto alla coscienza delle stelle e dei corpi celesti, penso che siamo nella stessa posizione dell’astronomia. Non possiamo fare esperimenti sul sole o sulla galassia, o su altre galassie. Possiamo solo osservarle, e imparare da ciò che osserviamo. Ma se c’è una coscienza del sole, dovrebbe essere un po’ più facile, perché potrebbe essere qualcosa con cui possiamo interagire. Dovremmo essere in grado d’interagire con essa attraverso la nostra coscienza piuttosto che con degli strumenti fisici. Dall’elettroencefalogramma, dall’elettrocardiogramma e da cose del genere, potrei imparare molto di ciò che accade nel tuo corpo, tuttavia non potrei sapere che cosa accade nella tua coscienza. Il solo modo di scoprirlo sarebbe incontrarti, stare insieme, parlarti, entrare in empatia... Quindi, la stessa cosa si dovrebbe applicare alla coscienza del sole o delle galassie... Se cominciamo a comunicare con loro, lo faremo attraverso e secondo i significati della nostra stessa coscienza. Questo ovviamente non è previsto dalla metodologia attuale delle scienze fisiche. Questo non significa che lo sarà per sempre” cfr. Intervista di Hal Blacker a R. Sheldrake, www.innernet.it.
26. Sui concetti di Sole fisico e di Sole spirituale nella prospettiva cattolica, cfr. Lettera enciclica “Lumen Fidei”, firmata da Papa Francesco il 29 giugno 2013, w2.vatican.va: “Nel mondo pagano… si era sviluppato il culto al dio Sole, Sol invictus, invocato nel suo sorgere… Consapevoli dell’orizzonte grande che la fede apriva loro, i cristiani chiamarono Cristo il vero sole, «i cui raggi donano la vita»”.
27. “Si potrebbe dire con il filosofo ebreo alessandrino Filone (I secolo d.C.) che Dio ha composto dei poiemata, cioè delle ‘opere’ che sono anche ‘poemi’, ‘messaggi’… L’orizzonte creato per il credente ebreo o cristiano… è soprattutto un ‘testo’, un bagliore del Creatore, una presenza nascosta ma reale” G. Ravasi, www.avvenire.it, 19 aprile 2008.
28. Ibidem. Ci ricorda Ravasi: “nel Salmo 19 dedicato al Creato è il sole che, come un atleta o un eroe gagliardo, corre la sua orbita quotidiana divenendo quasi un araldo del suo Creatore. Nel libretto del profeta Baruc si dice che «le stelle brillano dalle loro vedette e gioiscono. Dio le chiama per nome ed esse rispondono: Eccoci! E brillano di gioia per colui che le ha create» (3,34-35). Nell’idillio primaverile dipinto nel Salmo 65, la terra diventa come un manto fiorito e chiazzato di greggi perché in essa è passato col suo cocchio il Signore delle acque e della fecondità e «tutti gridano e cantano di gioia» […] il libro della Sapienza osserverà che «dalla grandezza e dalla bellezza delle creature per analogia si conosce l’autore» (13,5)” G. Ravasi, L’armonia della creazione nella Scrittura, Convegno Nazionale “Costruire bene per vivere meglio”, Roma, aprile 2008.
29. La legge naturale, scrive Ratzinger, “ci rivela che anche la natura racchiude in sé un messaggio morale. Il contenuto spirituale della creazione non è solamente di natura meccanico-matematica [...]. Ma c’è un sovrappiù di spirito, di ‘leggi naturali’ nel creato, che reca impresso in sé e ci rivela un ordine interiore” J. Ratzinger, Dio e il mondo, San Paolo, 2001, p. 142.
30. Cfr. O.M. Aïvanhov, Verso una civiltà solare cit., p. 25 e segg.

“C’è una rete della vita che unisce la vita interiore, la vita biologica, la vita sociale, la vita culturale…Questa trama invisibile va studiata, compresa e amata”

“Se l’ideale è come una mappa… l’ideale del perfezionamento individuale nella prospettiva della fraternità universale esprime la mappa più estesa, più ricca di percorsi cioè di potenzialità cognitive ed emotive”

“Il dipanarsi della vita è oggettivamente condizionato dalle intenzioni, cioè dalle finalità che ciascuno si autoprefigge in quanto queste ultime dànno senso alla nostra interpretazione del mondo, al nostro ruolo nel mondo”

Gli esseri umani sono predisposti a essere empatici, a identificare quello che provano gli altri, a condividere i loro sentimenti con un’emozione corrispondente, ad accogliere le loro gioie e i loro dolori

Se non ci disperdiamo in attività che ci indeboliscono, scopriamo che è proprio nelle azioni più semplici e più quotidiane che la vita ha nascosto i suoi veri tesori. Respirare, nutrirsi, camminare, aprire gli occhi sulla natura, amare, pensare... Ecco i veri doni della vita”

"L’organismo fisico che vive bene, in armonia… favorisce i processi cognitivi e agevola la generazione in noi di immagini mentali altamente benefiche le quali agiscono a loro volta favorevolmente sui nostri comportamenti”

“Ogni vita richiede una scienza: la vita della pianta che vuoi coltivare... la tua stessa vita che devi sviluppare. Per vivere, bisogna saper vivere”

“Una comunità che non sa esprimere e valorizzare le attitudini cooperative è più povera di capitale sociale e civile e avrà maggiori difficoltà ad attivare circoli virtuosi di sviluppo”

“Il lavoro dovrebbe essere una grande gioia ed è ancora per molti tormento, tormento di non averlo, tormento di fare un lavoro che non serva e non giovi a un nobile scopo”

“Non si tratta soltanto di adottare stili di vita improntati alla sobrietà ma di aprire la nostra coscienza, nel quotidiano, agli interessi sensibili della Rete della Vita… dalla crescita quantitativa dobbiamo arrivare alla crescita qualitativa”

“Non possiamo essere affidabili verso la collettività se siamo schiavi di debolezze a causa delle quali l’interesse collettivo è potenzialmente subordinato a quello personale”

 


“Non dobbiamo essere come una voragine che prende senza restituire, ma dobbiamo restituire ciò che ci è stato dato"

“Dobbiamo proteggere le risorse naturali, la sacralità della Natura, ma occorre proteggere anche la sacralità della vita interiore. In entrambi i casi, abbiamo risorse da rispettare”

“Quanto più espandiamo il senso della nostra appartenenza, tanto più aumentiamo la mappatura del mondo su di noi, e quindi le nostre capacità intellettive ed emotive”

 

PRIMA PARTE

Riflessioni storiche sul nostro travaglio collettivo e individuale

Modulo 1. Premessa storica. Riflessioni sull'evoluzione nella società delle idee laiche di solidarietà e fraternità.

SECONDA PARTE

Ricognizione del pensiero recente, maturato in tema di cooperazione e fraternità in prospettiva laica e sociale

Modulo 3. L’appello della cultura, nell’era della globalizzazione e delle interdipendenze, al valore di cooperazione, indispensabile quanto la libertà e l'uguglianza.

TERZA PARTE

La società e la Rete della vita. Riflessioni a supporto delle nostre scelte e di un possibile percorso di cambiamento verso una coscienza aperta agli interessi della collettività.

QUARTA PARTE

Ripensare le basi concettuali dell’educazione alla cittadinanza. Alle radici della questione morale...

Modulo 11 bis Il processo di adeguamento interiore alle prescrizioni civiche

QUINTA PARTE

Linee di sviluppo di nuove attitudini concrete, espressive dei valori di cooperazione, empatia...

Modulo 12. Mappa delle attitudini significative in coerenza con la visione sistemica della Vita

Attitudine a percepire la comune appartenenza alla Rete della Vita. La cura di se stessi
Attitudine alla scelta degli Ideali, pensieri e sentimenti per manifestare comportamenti civici
Attitudine alla scelta delle intenzioni
Attitudine alle relazioni empatiche. La rilevanza civica della empatia
Attitudine alla rivalutazione e alla sacralizzazione della vita quotidiana
Attitudine alla rivalutazione del corpo fisico e del suo apporto cognitivo
Attitudine a sperimentare il gusto e la pienezza della vita: la “scienza della Vita”
Attitudine a valorizzare il bene relazionale e i beni comuni
Attitudine alla rivalutazione del lavoro
Attitudine al dimensionamento dei bisogni individuali
Attitudine all'assunzione delle cariche pubbliche. L’esempio
Attitudine a relazioni improntate ai valori di giustizia
Attitudine al rispetto dell’ambiente interiore ed esteriore
Attitudine a vivere come cittadino dell’Universo